La colpa implica una punizione. Nient’altro ce lo fa vedere più chiaramente della croce. Molti chiedono: ma che Dio è questo che ha lasciato inchiodare Suo Figlio sulla Croce?
Non avrebbe potuto semplicemente ignorare le colpe degli uomini? Impossibile: un Dio Santo e Giusto non può minimizzare la colpa, perché essa richiede un’espiazione. Questo era il dilemma di Dio. Il Suo amore per noi uomini era tanto grande, la Sua misericordia tanto profonda, che Egli ha caricato Suo Figlio di tutte le colpe del cuore del Padre. Avete mai provato a riflettere su quanto il cuore del Padre deve aver sofferto nel dover distogliere da Gesù sofferente, solo e abbandonato, piegato sotto la nostra colpa? Suo Figlio ha accettato spontaneamente tale sacrificio e ha pareggiato il nostro conto in sospeso. Può essere, dunque, che un delinquente sia giustificato davanti a Dio per mezzo di Gesù Cristo, ma debba subire comunque la pena inflittagli dalla giustizia umana. Possiamo ricevere il perdono, ma spesso dobbiamo sopportare personalmente le conseguenza dei peccati da noi commessi.
Chi si mette al volante in stato di ubriachezza, ed investe un bambino, può sicuramente essere perdonato, ma da ciò non consegue che il bambino ritorni in vita. La colpa dev’essere riconosciuta e confessata come tale. Solo allora Dio ci assolve. Allo stesso tempo, però, egli ci ammonisce espressamente a perdonare il nostro prossimo, non addebitandogli le colpe commesse nei nostri confronti. Chi non lo fa, non riceverà neanche il perdono divino. E’ un grave e serio avvertimento per tutti i cristiani. Quando Gesù insegnò a pregare ai suoi discepoli, riunì i due aspetti in un’unica frase: “Padre, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.” La seconda parte della frase rappresenta ovviamente la premessa indispensabile al verificarsi della prima.
Et.C.
Francesco La Manna – notiziecristiane.com
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