Il Mediterraneo è la rotta marina più pericolosa per profughi e migranti, afferma Amnesty International in un nuovo rapporto.Il Mediterraneo è stato particolarmente letale per i migranti che hanno tentato la traversata nei primi mesi dell’anno in corso: fino al 31 maggio 2015 le vittime sono state 1.865, contro le 425 nello stesso periodo del 2014. Amnesty International presenta un nuovo rapporto – “La crisi globale dei rifugiati: la cospirazione della noncuranza” – all’inizio della settimana dei rifugiati, nel quale sottolinea la pericolosità delle traversate del Mediterraneo.
Interventi europei insufficienti
In seguito alla massiccia perdita di vite umane nella prima parte di quest’anno i leader europei hanno messo in atto alcune misure per contrastare l’enorme numero di vittime. Il governo britannico ha dato il proprio sostegno al programma di ricerca e soccorso italiano mandando la nave militare HMS Bulwark, che ha salvato migliaia di uomini, donne e bambini. Tuttavia, finché la comunità internazionale non riconoscerà che si è di fronte a un problema globale che esige che gli Stati incrementino significativamente la cooperazione internazionale, la crisi non potrà essere adeguatamente risolta, ha affermato Amnesty.
Steve Symonds, direttore del programma per i rifugiati di Amnesty Internationale UK, ha detto: “Il Mediterraneo è la traversata più pericolosa al mondo per profughi e migranti, un ben triste primato.
“Non manca comunque la concorrenza. Nel Sud-est asiatico abbiamo visto barconi pieni di gente disperata e affamata letteralmente respinti dall’Indonesia e dalla Malesia prima che queste venissero biasimate al punto di essere costrette ad accoglierli. La mancanza di compassione pare essere una piaga universale”.
Siria: la crisi più grave
Sono attualmente oltre quattro milioni i profughi siriani, il 95% dei quali in appena cinque paesi ospitanti principali: Turchia, Libano, Giordania, Iraq e Egitto.
Questi paesi hanno ora difficoltà a far fronte alla situazione, mentre la comunità internazionale continua a negare un sostegno economico sufficiente o non offre livelli adeguati di reinsediamento ai profughi siriani e questo nonostante gli appelli urgenti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).
La situazione è peggiorata al punto che alcuni paesi confinanti con la Siria hanno fatto ricorso a misure molto preoccupanti, come negare l’accesso al proprio territorio a persone disperate e rinviare i profughi nel conflitto.
Africa: conflitti dimenticati
Cinque dei dieci paesi del mondo da cui fugge il maggior numero di profughi si trovano nell’Africa subsahariana. Lo scoppio di combattimenti in paesi come il Sud Sudan e la Repubblica Centrafricana è all’origine di un numero crescente di persone in fuga.
In alcune di queste situazioni, è il caso del Sud Sudan e del Sudan, i rifugiati sono ospitati da paesi che sono essi stessi in preda a conflitti.
Sud-est asiatico: disperati respinti
A maggio Indonesia, Malesia e Thailandia hanno respinto barconi carichi di centinaia di profughi e migranti alla disperata ricerca di aiuto e questo nonostante i pericoli da essi affrontati. L’UNHCR stima che 300 persone sono morte in mare nei primi tre mesi del 2015 a causa di “fame, disidratazione e violenze da parte degli equipaggi delle imbarcazioni”.
Il 20 maggio Indonesia e Malesia hanno cambiato atteggiamento e hanno annunciato che avrebbero provveduto ad “accogliere temporaneamente” fino a 7.000 profughi ancora in mare. Tuttavia questa protezione temporanea durerebbe soltanto un anno e a condizione che la comunità internazionale collabori per il rimpatrio o il reinsediamento. Indonesia, Malesia e Thailandia non hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Altrove nella regione, un terribile precedente è stato stabilito dal governo australiano, la cui linea dura nei confronti dei richiedenti l’asilo che cercano di arrivare in barca ha violato, dando a credere di voler salvare delle vite, le sue responsabilità in materia di diritti dell’uomo e diritto dei rifugiati.
Il segretario generale di Amnesty International Salil Shetty ha affermato: “Dal mare delle Andamane al Mediterraneo le persone perdono la vita nel disperato tentativo di trovare rifugio. L’attuale crisi di rifugiati non si risolverà a meno che la comunità internazionale riconosca che si tratta di un problema globale che esige che gli Stati incrementino significativamente la cooperazione internazionale. Nel corso della settimana l’UNHCR pubblicherà le statistiche annuali sui rifugiati e probabilmente vi scopriremo che la crisi sta peggiorando. È ora di agire”. (da Ekklesia; trad. it. G. M. Schmitt/voceevangelica.ch)
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook