I poveri sono le prime vittime dell'”accoglienza”

img-_innerArtFb-_barcone_1Una confusa e squalificante vicenda dalla quale non esce bene nessuno: né il governo di Roma, né la Regione Lombardia, né la Lega Nord con le ambizioni paradossalmente nazionali, né la Caritas italiana e le altre analoghe  parti in causa. Questo è in sintesi il giudizio che si deve dare del confuso carosello attorno alla questione dell’accoglienza della nuova ondata di profughi irregolari portati in  Italia negli ultimi giorni.

Diciamo non a caso “portati in Italia”. Diversamente infatti da quanto si racconta per dare al fenomeno  una base giuridica e una giustificazione morale che non ha affatto, non si tratta di naufraghi alla deriva soccorsi in mare. Si tratta di un caso di complicità obiettiva con un traffico di esseri umani gestito da organizzazioni criminali. Questi presunti naufraghi vengono caricati dai passatori su natanti, di solito sovraccarichi, che dalle coste libiche muovono in direzione delle navi che vanno a “soccorrerli” essendo stati informate del loro avvicinamento degli stessi passatori o da loro complici. Non è un “soccorso” bensì una catena logistica prestabilita che, per le condizioni in cui ha luogo, implica inevitabilmente un certo numero di vittime. A questo punto non si tratta più di un’emergenza bensì di un “normale” canale di afflusso nell’Unione Europea tramite l’Italia (e in minor misura tramite altri Paesi, dalla Grecia alla Spagna) che ha le seguenti pessime caratteristiche: in primo luogo è una grave mancanza di rispetto nei confronti degli immigranti regolari che per giungere da noi devono sottoporsi a una valanga di pratiche burocratiche ardue e sempre più costose (sono infatti gravate da vergognosi balzelli); in secondo luogo rende possibile l’ingresso incontrollato anche di persone con precedenti penali o comunque indesiderabili che poi compromettono il buon nome dei migranti bona fide.

Chi dunque per statuto o per scelta sta, come si dice, “dalla parte dei poveri” farebbe bene a rendersi conto che i poveri sono i primi a fare le spese dell’immigrazione irregolare: o perché vittime dirette dell’esosità e delle violenze dei passatori criminali o perché immigrati regolari danneggiati socialmente e economicamente dall’afflusso di questi migranti irregolari. Prima di ogni altra cosa dunque il governo di Roma dovrebbe creare le condizioni perché l’esodo  via mare dalla Libia si interrompa, invece di alimentarlo con queste pseudo-operazioni di soccorso. Diciamo ancora una volta che la catena criminale transcontinentale attraverso cui giungono in Libia aspiranti all’immigrazione nell’Ue andrebbe tagliata all’inizio e in più punti; e che la selezione di coloro che comunque sono giunti in Libia andrebbe fatta sul posto. Frattanto il nostro governo, che dispone in tutto il Paese di un gran numero di caserme inutilizzate, potrebbe riattivarne tante quante ne bastano per alloggiare e selezionare i migranti irregolari comunque già giunti in Italia assumendosi costi e responsabilità di tale servizio invece di scaricarlo sulle Regioni e sui Comuni.

Per parte loro, nella misura in cui sono in  buona fede, le agenzie dell’Onu e le organizzazioni non governative che si occupano degli immigranti irregolari dovrebbero innanzitutto e costantemente premere in tal senso invece di lanciare appelli all’accoglienza indiscriminata, all’apparenza nobili e nella realtà invece irresponsabili nella migliore delle ipotesi. Attualmente le inadempienze e l’incapacità del governo di Roma, sommate agli astratti appelli moralistici di tante organizzazioni non governative e dei loro patroni politici, finiscono invece  per stimolare i peggiori sentimenti di chi fa immediatamente le spese dell’immigrazione irregolare: abitanti delle periferie metropolitane, pensionati poveri, famiglie di disoccupati o sotto-occupati. Si alimenta insomma una guerra tra poveri, un perverso brodo di coltura in cui trovano facile alimento irresponsabili proposte demagogiche come quelle di Matteo Salvini, che poi il governatore lombardo Maroni e altri suoi colleghi rincorrono un po’ per convinzione e un po’ perché non possono fare diversamente. Chi in questa situazione sta dalla parte dei poveri? Nessuno, ma meno che meno coloro che pretendono di stare dallo loro parte, diremo citando il poeta, “in grazia dell’impiego”.

di Robi Ronza

da: Lanuovabq.it/


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