Koh Lipe – Il traffico di esseri umani continua ad essere un problema molto grave nei Paesi del sudest asiatico. Le reti criminali si estendono dall’ovest della Birmania, attraversando le zone costiere del Bangladesh, fino alle coste meridionali della Thailandia. Secondo il metodo utilizzato dai trafficanti, il denaro degli emigrati è richiesto all’arrivo nel Paese di destinazione, molto spesso in Malesia, dove la maggior parte dei rohingya, la minoranza musulmana perseguitata della Birmania, e dei bengalesi che fuggono dalla miseria, sperano di trovare rifugio. Attraverso i trasferimenti o i sequestri, in Thailandia i trafficanti raccolgono i frutti del loro lavoro.
Secondo i gruppi di difesa dei diritti umani, una volta nel sud del Paese, gli emigranti vengono trattenuti nella foresta in attesa che amici o familiari paghino tra $2.000 e $3.000 per essere lasciati liberi. Altri sono venduti alle fabbriche in Malesia. Secondo Freeland, una ong che aiuta la polizia tailandese ad indagare sulle bande criminali, una imbarcazione con 400 persone a bordo rappresenta un guadagno di $800.000. All’inizio del mese di maggio, la Thailandia ha lanciato una serie di operazioni nel sud del Paese, in piena foresta, contro i campi di transito utilizzati dai trafficanti, dove sono state scoperte diverse fosse comuni.
La nuova politica di Bangkok ha innescato una reazione a catena e i trafficanti sono fuggiti, lasciando centinaia di migranti in mare o nei campi in piena giungla. “La maggior parte dei trafficanti di Birmania e Malesia dichiarano che i capi tailandesi sono quelli che guadagnano di più da questi traffici” ha detto un membro della ong Fortify. Costretti dalla disoccupazione, dalla povertà e dalla disperazione, molti Rohingya sono anche coinvolti nelle reti dei trafficanti. (AP) (18/5/2015 Agenzia Fides)
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