di ROBERTO BRACCO – ” hai nome di vivere, eppure sei morto… (Apocalisse 3:1)
– Quante volte nel corso dei secoli le severe parole pronunziate dallo Spirito per la Chiesa di Sardi, hanno riacquistato il loro sapore di attualità, proprio applicate a quei movimenti che hanno spento il fuoco di Dio.
Hai nome di vivere! Puoi avere un credo fondamentalista, una disciplina rigorosa, un’attività ecclesiastica ed evangelistica… eppure non avere la vita dello Spirito. Puoi salvare le apparenze col tuo aspetto, col tuo abito, coi tuoi metodi. . . eppure essere soltanto un cadavere imbalsamato. La sentenza dello Spirito è severa, ma non oltrepassa di un centimetro la tragica realtà di una chiesa che vuole apparire quello che era, e che non è più.
Il trascorrere del tempo ed il susseguirsi delle generazioni forse esaurirà lo stimolo, ed il movimento accetterà il ruolo di denominazione anche in aperta opposizione al suo illustre passato, ma per la terza generazione esiste ancora il bisogno di recitare la parte di chiesa del risveglio.
Quindi questa chiesa sarà una chiesa fondamentalista che difenderà l’ortodossia della dottrina e non cederà alle lusinghe o alla minaccia del liberalismo antico o moderno. Il credo della chiesa, la letteratura, gli insegnamenti saranno rigorosamente contenuti nell’ambito di quei principi di dottrina che affermano la Trinità, l’ispirazione delle Scritture, le due nature di Cristo, la nuova nascita, il ritorno di Cristo, la resurrezione. . . e tutte le altre verità accettate ed affermate in opposizione alle correnti del razionalismo, del modernismo, del liberalismo.
Ma un fondamentalismo senza Spirito è un fondamentalismo morto e la difesa di una dottrina che rappresenta un bagaglio di cognizioni religiose e non di esperienze spirituali si riduce soltanto ad una battaglia combattuta a favore di una istituzione umana. A che vale affermare e difendere un credo rigorosamente biblico se questo credo non produce le opere di Dio nel credente e nella chiesa? Non si ripete, forse, la condizione tanto vivacemente illustrata dall’apostolo Giacomo, per affermare la validità di una fede feconda? (Giacomo 2:19).
E’ terribile pensare che anche i demoni “credono” alle verità contenute in una dottrina fondamentalista, ma non per questo cessano di essere demoni.
No! Non basta affermare, difendere, anzi quando questa posizione è in aperto contrasto con l’esperienza, aggrava e non migliora la posizione della chiesa perché aggiunge all’infedeltà l’ipocrisia, proprio quell’ipocrisia tanto comune ai giorni di Gesù e tanto severamente stigmatizzata dal Maestro divino.
Avere una dottrina e non una esperienza; conoscerla con la mente e non possederla nel cuore può apparire sufficiente soltanto quando la dottrina è diventata, per la chiesa, un vestito, un distintivo, insomma un elemento puramente formale.
La chiesa, in questo processo di formalizzazione cercherà anche di integrare la difesa della dottrina con l’esercizio di una disciplina ecclesiastica. Naturalmente questa non si proporrà di tutelare la morale o di educare i credenti al rispetto dei principi fondamentali della santità cristiana, ma avrà il compito di svolgere un’azione di autodifesa della chiesa intesa come istituzione
La disciplina quindi sarà un baluardo per difendere le strutture gerarchiche per salvaguardare gli schemi liturgici, per difendere gli stessi enunciati teologici; insomma sarà un mezzo per dimostrare, ad un tempo, la esistenza di un ordine e la forza per conservare la condizione raggiunta dalla chiesa.
Tutto questo è risveglio artificiale, ma quando il mondo delle falsificazioni entra nel mondo religioso è impossibile impedire questo fenomeno che riesce ad offrire un surrogato della potenza, della luce, del calore.
L’elemento che può forse più degli altri creare l’illusione della sopravvivenza lo troviamo nel ministero, particolarmente nel ministero evangelistico; la terza generazione non rinuncia ai programmi missionari, anzi qualche volta l’intensifica e li perfeziona tecnicamente quasi per compensare le carenze esistenti negli altri settori della vita comunitaria. Spesso questo sforzo viene seguito da risultati cosi da permettere una “dilatazione”del movimento di proporzioni socialmente o ecclesiasticamente lusinghiere. Non pochi “risvegli” spirituali hanno avuto il loro più grande incremento numerico, soltanto quando le fiamme della Pentecoste si erano irrimediabilmente spente.
Non si può neanche dire, se si vuole essere onesti nel giudizio, che quest’opera di “reclutamento” sia esclusivamente quantitativa, perché non si può dire che coloro che si “aggiungono alla chiesa” rimangono nella stessa condizione spirituale e morale nella quale si trovavano precedentemente; la Parola, la chiesa il clima producono sempre un cambiamento, ma si può dire a questo riguardo quello che scriveva A. W. Tozer:
“Io non ho detto che la religione senza potenza non produce un cambiamento nella vita di un uomo, ma solamente che non produce un cambiamento fondamentale. L’acqua può mutarsi da liquido in vapore, da vapore in neve e da neve di nuovo in liquido, rimanendo praticamente lo stesso elemento. Così la religione senza potenza potrà far subire all’uomo molti cambiamenti superficiali, lasciandolo sostanzialmente quale era in precedenza “.
A coloro che in tutte le cose vogliono “poggiare con i piedi sulla terra” l’aumento progressivo della popolazione religiosa, appare come indiscutibile termine di controversia, cioè come inequivocabile dimostrazione della sopravvivenza del risveglio. Questi, naturalmente dimenticano che se è vero che la Pentecoste ha avuto i suoi copiosi frutti evangelistici, come li ha anche avuti la prima persecuzione contro i cristiani, è anche vero che la prima grande defezione nella folla dei discepoli del Maestro, si è verificata quando Gesù ha proposto per intero e senza reticenze il messaggio che suonava come “un parlare duro” (Atti 2: 41; 8:4-6; Giovanni 6:60).
Il successo numerico può essere preso come punto di riferimento per individuare la benedizione divina soltanto se rappresenta la conclusione di un ministero spirituale e se la qualità, della quale abbiamo già scritto corrisponde non formalmente, ma sostanzialmente alla quantità. Fare dei proseliti non significa sempre vedere anime convertite, nate di nuovo ed allora bisogna ripetere che alla folla numerosa bisogna continuare a preferire la “piccola greggia del Signore”.
D’altronde il successo proselitistico è spesso legato a due elementi che lo squalificano, ma che sono ricorrenti nel crepuscolo del tramonto l’essenza stessa del ministero ed il traguardo del servizio. Del primo abbiamo già parlato e possiamo più chiaramente ripetere che sempre quando diminuisce o cessa il ministero spirituale, emerge e s’impone un ministero che non osiamo definire carnale ma che comunque ignora la potenza e l’ispirazione di Dio.
Un ministero umano può ampiamente servirsi di elementi umani e di metodi umani, e questi in determinate circostanze, possono anche produrre effetti transitori, più spettacolari di quelli reali e permanenti che si hanno in un ministero soprannaturale. Senza dilungarci sull’argomento vogliamo accennare soltanto ai metodi artistici e ai metodi psicologici tanto in uso nella nostra generazione.
Non è difficile attirare ed emozionare le folle quando c’è spiegamento di corali,complessi, solisti, duetti, quartetti e quando ci sono ministri e predicatori che sanno far piangere o ridere; sanno deprimere o esaltare, usando con abilità la conoscenza che hanno della psiche umana
Naturalmente le emozioni che sono soltanto emozioni producono conversioni apparenti, guarigioni momentanee, decisioni superficiali. Dopo un poco di tempo o cessate le condizioni ambientali e psicologiche i risultati stessi manifestano l’essenza del ministero; quando tutto si discioglie o tutto appare nei suoi precisi contorni, cioè spogliato dalle emozioni momentanee allora si può facilmente riconoscere che quel ministero, forse tanto reclamizzato o certamente tanto esaltato, non può essere messo a confronto con quello semplice e timido di umili servi di Dio che sono stati mossi dallo Spirito, ne hanno raggiunto il fine e portato il frutto.
Per traguardo del servizio ci vogliamo appunto riferire alla finalità, ugualmente umana della chiesa, quando la chiesa invece di mirare allo scopo di Dio mira al proprio scopo; invece cioè di condurre anime al Calvario cerca soltanto di aumentare il numero dei propri membri. La convinzione sostituisce la conversione ed una dichiarazione di fede diventa valida anche se è espressa… senza fede; il numero, i battesimi, l’ampliamento del registro di chiesa, questi sono i risultati ai quali si mira per creare un risveglio artificiale.
Gesù aveva dietro a se migliaia di persone, Gedeone fu seguito, dopo un solo appello, da trentaduemila combattenti, ma per il Maestro fu sufficiente esporre alcune delle verità fondamentali della dottrina per rimanere con dodici uomini soltanto e per Gedeone bastò seguire il metodo di Dio per vedere ridotto a meno dell’uno per cento i soldati del suo esercito.
A Cristo come a Gedeone sarebbe stato estremamente facile conservare il numero ed anche accrescerlo, ma in clima di risveglio la matematica non ha regole umane e non sempre il numero rappresenta l’elemento più importante.
Non c’è un solo verso della Bibbia che giustifichi il raggiungimento di un risultato spettacolare a detrimento di un principio sostanziale lo scopo del credente e quindi lo scopo della chiesa deve essere quello di essere fedele nel servizio indipendentemente dai risultati che possono essere conseguiti. Le statistiche, i censimenti, le relazioni rappresentano quasi sempre una capitolazione alla vanità umana e alla tentazione dell’inferno (I Cronache 21:1) e non parlano del raggiungimento delle finalità di Dio, ma del raggiungimento delle finalità di una chiesa addormentata.
Abbiamo assomigliato il risveglio artificiale ad un cadavere imbalsamato; l’esempio ci permette di riferirci a tutti quei particolari che possono illustrare altri dettagli del nostro soggetto. Possiamo ricordare la compostezza, l’ordine, gli elementi estetici, tutte quelle cose che in un paese come l’America vengono offerte e fornite da quella benemerita istituzione che è la “Funeral Home”; precisiamo, per coloro che ignorano l’attività di questa impresa – Nei locali di questa “Casa funeraria” il defunto viene accolto così com’è con i segni della disfatta, impressi prima dalla malattia e poi dalla morte, ma per essere in poco tempo portato in una condizione che lo faccia apparire “più vivo di quando era vivo”.
Il volto rasato, i colori ravvivati, gli abiti indossati abilmente, perfino la rigidità ammorbidita, viene posto in una bara riccamente foderata e con questa deposto in un salotto dalle tinte pastello Intorno, in una luce discreta, ci sono divani, poltrone; tutti possono accedere, indugiare, ammirare; tutti possono ripetere:
– Come è bello! Non sembra morto! Sta meglio ora che non prima di ammalarsi I
E’ bello ma è proprio un cadavere; quel letto è una bara, quei colori che ha sul volto sono artificiali e non è lo scorrere della vita che ritarda la decomposizione, ma soltanto una dose abbondante di formalina che gli è stata iniettata.
L ‘esempio è macabro, ma è perfettamente aderente perché illustra a tinte fosche eppure vivaci la condizione di un “organismo” senza vita perché senza spirito Le membra sono al loro posto; così gli apparati, i sistemi, tutto quel che è stato prodigato a quel corpo inerte ha avuto il potere di restituirgli i segni apparenti della vita il colore, la vivacità, la morbidezza, ma. . . è un corpo senza spirito, è un organismo senza vita.
Facciamo un’applicazione storica e pratica dell’esempio: La comunità cristiana ove Fox esercitava il suo ministero in un caldo clima di risveglio, fu chiamata dei “tremolanti” e divenne presto oggetto di derisione a causa dei suoi metodi, del suo ministero e particolarmente a motivo di quelle forme travolgenti di estemporaneità che caratterizzavano le riunioni di culto. Dopo parecchi decenni però tutto era più composto, più ordinato, si potrebbe anche dire: più organizzato; i membri sparsi ormai dovunque nel vecchio e nel nuovo mondo continuarono a chiamarsi tremolanti, ma non tremavano e non tremarono più.
E soltanto un esempio, citato con tutto rispetto, e che naturalmente potrebbe essere seguito da altri dieci esempi analoghi per illustrare quanto esposto precedentemente Quando il risveglio muore viene imbalsamato ed il cadavere può anche apparire più vivo e più bello di quanto non fosse in vita, ma è lì, in attesa di sepoltura; la tomba, l’epigrafe, l’aiuola fiorita che rappresenteranno la testimonianza successiva potranno anche essere elementi degni di ammirazione, ma serviranno soltanto a ricordare colui che era e ora non è più.
Noi naturalmente parliamo del risveglio e non della denominazione che può far seguito al risveglio stesso, par1iamo di una persona vivente e non del suo monumento quindi desideriamo chiarire che non esprimiamo valutazioni o giudizi su quel che è “venuto dopo”, ma su quel che era e che non è più. Questa precisazione serve a chiarire che non sono formulate valutazioni sulle tante associazioni e denominazioni cristiane oggi esistenti, perché scopo di questo modesto scritto è soltanto quello di fare una mesta considerazione sul “risveglio”. Purtroppo ogni risveglio che è stato ha ripetuto al risveglio successivo le meste parole che si possono leggere su un’epigrafe cimiteriale:
– Noi fummo quel che voi siete, voi sarete quel che noi siamo.
Oggi ci sono tante tombe artistiche, un intero cimitero monumentale, ma non ci sono tanti risvegli. Un cristianesimo che non illumina il presente secolo, che non mette il “mondo sottosopra”, che non riscalda; un cristianesimo che trova posto in tutti gli ambienti, che si concilia con tutte le manifestazioni della vita umana, non è un “risveglio”, ma è soltanto un ricordo di cento risvegli.
Pietro, Paolo, Valdo; oppure la chiesa di Gerusalemme, di Antiochia, non vivono oggi nelle chiese addormentate, ma sono e rimangono soltanto un ricordo di un fuoco che non è più.
Ma è proprio fatale che un risveglio debba morire in così giovane età?
Pensiamo di aver espresso già chiaramente il nostro pensiero e quindi di aver data in anticipo la risposta; il “ricorso storico” non è provocato da una ineluttabile legge spirituale, ma da una libera scelta delle generazioni successive a quella dei pionieri di un risveglio. Questa “libertà” di scelta apre le più diverse possibilità e le più diverse prospettive e non esclude quindi la più desiderabile fra queste cioè la “continuazione” o la “rinascita del risveglio.
Testimonianze storiche di questa affermazione non mancano ed esse servono soltanto per confermare che se la terza generazione o la quarta od anche la decima sanno ritrovare il senso della propria vocazione e nel riconoscimento della crisi sanno incontrarsi e lottare con Dio possono sempre esperimentare quella visitazione pentecostale che fa nuovamente levare crepitanti le fiamme calde e luminose dello Spirito.
E’ impossibile quindi concludere questo breve ed imperfetto scritto senza esprimere un’esortazione cristiana, valida tanto per l’individuo quanto per la comunità: – Risvegliati !
Non importa se tutto intorno a te parla di sconfitta, di morte; non importa se il formalismo la mondanizzazione, l’indifferenza hanno preso il sopravvento: – Risvegliati !
Il diavolo ti dice che tutto è irrimediabilmente perduto e che tutto scorre sotto l’impeto di una corrente fatale; non ascoltare la voce dell’inferno’ Risvegliati! Il presente secolo dichiara che i tempi sono mutati ed una religione che voglia vivere una vita esclusiva non può sopravvivere; non ascoltare il mondo: – Risvegliati !
Dal mondo religioso puoi sentir ripetere che i giorni dei miracoli, dei carismi, della presenza di Dio sono passati e che ormai dobbiamo fondare la nostra esperienza sugli enunciati teorici; non ascoltare questa voce: – Risvegliati !
Sei un credente senza fede? Sei una chiesa senza vita? la voce ripete a tutti: – Risvegliati!
Forse hai un passato illustre che ormai è tramontato e ti rende un “decaduto ” o forse non hai un passato; l’esortazione è ugualmente valida: – Risvegliati !
La possibilità offerta dall’esortazione è per tutti, quindi nessuno è escluso dalla benedizione del risveglio, dalla benedizione di un “cristianesimo pieno, esuberante” Tutti , sempre; eredi di coloro che lo hanno già esperimentato, o non, possono realizzare il fuoco della Pentecoste e quindi avere tutto intero il tesoro di quella “vita esuberante” promessa ed offerta da Gesù.
Proprio perché la storia ci parla con inflessibile chiarezza di una “regola” che può essere definita drammatica, dobbiamo, con impegno sincero, cercare di conseguire quella possibile “eccezione” rappresentata dalla “continuazione” o dalla “rinascita” del risveglio.
Se non accetti l’esortazione infuocata che viene dallo Spirito, se non offri te stesso sull’altare della fede, per essere bruciato dal fuoco di Dio, se preferisci rimanere inerte nel mezzo della crisi sei fatalmente condannato ad assistere al mesto spettacolo di un “pruno che si consuma”.
Tratto da: http://www.chiesadiroma.it/
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