Il governo cinese è ufficialmente ateo. Ma dalle rotative di una casa editrice di Nanchino, riferisce il Financial Times, è appena uscita la 125 milionesima copia della Bibbia. Nella Cina fabbrica del mondo c’è anche la più grande fabbrica di Bibbie della terra. Si sa che molti editori occidentali ormai vengono a stampare i loro libri nella Repubblica popolare, per ridurre i costi. Però più di metà della produzione di Nanchino è diretta al mercato interno. Perché il cristianesimo, introdotto nell’Impero di Mezzo dai missionari gesuiti nel 1534, anche se controllato e oppresso, si sta diffondendo in una società neo-capitalista dove le diseguaglianze economiche si dilatano.
La Cina riconosce oggi cinque religioni: buddismo (la fede più diffusa), taoismo, islamismo, cristianesimo e cattolicesimo. L’ufficio statistiche di Pechino conta meno di 30 milioni di cristiani, tra i quali 5,3 milioni cattolici raccolti nell’Associazione patriottica. Ma secondo stime della Diocesi di Hong Kong i cattolici sono circa 12 milioni, se si comprendono quelli delle «chiese sotterranee», devoti alla Santa Sede di Roma. Contando i protestanti (che in Cina sono la maggioranza), i cristiani potrebbero essere 100 milioni, più dei membri del partito comunista, fermi a 86 milioni. Entro 15 anni, con la progressione costante che si sta registrando, i cristiani cinesi potrebbero diventare 165 milioni. La Cina sarebbe a quel punto il primo Paese cristiano nel mondo.
Il partito comunista, scosso oggi da una campagna anti-corruzione al suo interno che mostra alla gente come i dirigenti più che servire il popolo si siano serviti da soli, teme una sfida alla sua autorità morale. Per questo cerca di costringere cattolici e protestanti ad arruolarsi nelle associazioni patriottiche. E per questa paura, quest’anno, sono state demolite decine di chiese. La motivazione ufficiale? Violazione delle regole urbanistiche.
di Guido Santevecchi
Tratto da: http://pechino.corriere.it/
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