Cinque milioni e mezzo di bambini mai nati

resizer5 milioni 438mila e 878. Questo è il numero aggiornato al 2012 dei bambini uccisi intenzionalmente prima di nascere per la “salute” della madre. Immaginate Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle D’Aosta e Liguria rese deserte da 36 anni di aborto legale. Intere regioni del nostro paese sono state eliminate con le loro gioie, dolori, speranze, delusioni. Sono stati spazzati via maschi e femmine, santi e briganti, allegri e musoni, geni e sempliciotti, sani e malati. Tutti buttati giù nell’insaziabile scarico, innumerevoli gemme vitali disperse nella immensa cloaca abortiva da cui solo un Dio infinitamente misericordioso non si schifa di raccoglierli, ripulirli, vestirli con abito regale ed accoglierli al banchetto eterno.

Questa è la tragedia dell’aborto che come ogni male uccide insieme la vittima e il carnefice, tragedia antica, che nelle società occidentali è democraticamente normalizzata trasformandola in diritto umano.

E chi c’è ad opporsi, qui sulla terra, a questo male? Un manipolo di uomini e di donne in gran parte ancora fermamente certi che duemila anni fa Dio si è incarnato, diventando vero Dio e vero concepito. Alcuni di loro aprono le loro case, condividono la loro mensa, sottraggono tempo a tutto il resto, si chiamano volontari della vita. Alcuni pregano, altri riconoscono a questi minimi la sepoltura, unica dignità umana ancora possibile, altri ancora marciano per ricordare chi è stato visibile solo per pochi attimi su un monitor ecografico. Poi ci sono medici, infermieri e ostetriche che dicono di “no”. Ci chiamano obiettori, ed è vero, obiettiamo a fare ed a collaborare all’esecuzione di un abominevole delitto, ma io penso che siamo obiettori, obiettivi ed obbiettivi. Siamo obiettivi perché non per fede, ma è per la scienza che ci è stata insegnata nelle aule universitarie che sappiamo che quello che nell’aborto viene ucciso è uno di noi, né più né meno che un uomo. E siamo anche obbiettivi di chi vorrebbe renderci uguali a loro, non tollerando che ci distinguiamo da loro.

Ricordate gli strali in parlamento di chi si stracciava le vesti perché gli obiettori di coscienza impedivano gli aborti? Ricordate le presunte indagini che dimostravano la carenza di personale abortista? Ricordate le rivendicazioni salariali? Ecco, il rapporto prodotto dal ministro ha un grande merito: ha dato un pedatone numerico alle presunte fatiche di Sisifo degli abortisti e alla presunta penuria di centri per abortire. Ecco i numeri: le strutture che effettuano aborti sono 403. Poiché nel 2012 gli aborti sono stati 107.192, la media di aborti per ogni struttura è pari a 266/anno (5,1 aborti a settimana). Per ciascuno dei 543 punti nascita presenti sul territorio nazionale la media è stata di 972 nascite. Mentre il rapporto tra nati e aborti è 4,9 a 1, il rapporto tra punti nascita e punti aborto è 1,3 a 1. Vi è quindi un’indubbia maggiore disponibilità di strutture per la donna che abortisce rispetto a quella che fa nascere il bambino. Il paragone con i 1.720 centri per aborti negli Stati Uniti dell’ultra-abortista Obama, con il loro carico medio più che doppio (622,6/anno) confermano che in Italia gli abortifici non mancano affatto.

Nei centri dove si fanno aborti vi sono 1.551 ginecologi non obiettori (3,8 per ogni punto aborto) a cui è affidato un carico di aborti pari a 69,1/anno corrispondente a 1,57/settimana lavorativa. Persino nelle regioni dove la percentuale di obiettori supera l’80% il numero di aborti per singolo ginecologo non obiettore è bassissimo: 3,5 aborti a settimana in Molise, 4,2 nel Lazio, 3,7 in Campania, 2 in Basilicata e 3 in Sicilia. Stiamo parlando di una procedura la cui durata è stata cronometrata in appena 5,7 minuti e che impegna la sala, come mette per scritto la Planned Parenthood, non più di 15 minuti; 9 minuti di aborti sulle 44 ore lavorative a settimana di un ginecologo sarebbero tali da rendere il lavoro degli abortisti massacrante? Sì, è massacrante, ma di certo non per i medici. A meno che quei nove minuti che si sommano ogni settimana non siano massacranti per la coscienza, ma in questo caso il sollievo non verrà obbligandoci a diventare come loro, piuttosto diventino loro come noi.

La relazione ha anche il merito di aprire uno squarcio sulla realtà dei consultori. Nei consultori del Lazio su un organico di 255 ginecologi solo 24 di essi sono obiettori. Gli 8.328 colloqui pre-aborto effettuati nel 2012 hanno costituito un carico per operatore pari a 36/anno corrispondente a 0,8/settimana. Per i 7.105 certificati il carico per operatore è di 30,8/anno, o 0,7/settimana.

In Sicilia 200 ginecologi sono in organico con il 67% di obiettori e 66 non obiettori. Ancora una volta nessun superlavoro, nessun disservizio è imputabile ai medici obiettori: se equamente ripartiti i 2.681colloqui in un anno e i 2.015 certificati per abortire hanno rappresentato rispettivamente un carico di 40,6/anno (0,9/settimana) e 30,5/anno (0,7/settimana) per singolo non obiettore.

In Puglia stessa storia: 180 ginecologi di organico, 13,9% obiettori, 155 non obiettori, 2.818 colloqui e 2.432 certificati. In media ogni singolo non obiettore ha dovuto effettuare in un anno 18,2 colloqui (0,4 a settimana) e 15,7 certificati (0,36/settimana).

Numeri inoppugnabili, numeri derivati dal monitoraggio struttura per struttura, condivisi dal Ministero con le regioni di Zingaretti, di Rossi, di Crocetta e di Vendola. Sono curioso di vedere se i suddetti governatori hanno la faccia di venirci a dire che noi medici obiettori siamo il problema della sanità in Italia.

di Renzo Puccetti

Fonte: http://www.lanuovabq.it/

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