Ebola: se l’allarmismo depotenzia l’allarme

1280px-downtown_monrovia_3348917715_67a2002529Saverio Bellizzi, epidemiologo di Msf, di ritorno dalla Liberia, commenta con noi i titoli sull’epidemia del virus.

L’epidemia di ebola che sta colpendo l’Africa occidentale ha causato la morte di circa 4.400 persone su quasi 9000 contagiati, in particolare in Liberia, Guinea e Sierra Leone. Le notizie di oggi parlano anche di alcuni casi di contagio in Danimarca, in Francia, in Italia (a Palermo) e in diverse zone degli Stati Uniti: casi non accertati che stanno alimentando la paura. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annullato un viaggio e ha convocato un vertice d’urgenza alla Casa Bianca per coordinare la situazione, a Bruxelles c’è stato un vertice dei ministri della Salute per decidere la strategia anti-infezione.

Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere, di ritorno dalla Liberia, commenta con noi i titoli sull’ebola.

Come commentiamo le notizie di oggi?

La vera emergenza è in Africa. Ma il punto è che questa emergenza c’è già da molti mesi, anche ce ne si accorge solo ora. Ben vengano le iniziative che si stanno intraprendendo per proteggerci, in occidente, ma, come dice anche l’Oms, non è il caso di alimentare psicosi, che non servono a nessuno. Qui possiamo avere qualche caso, ma non un epidemia, e in ogni caso saremmo ben equipaggiati per affrontarla.

A proposito della diffusione del virus, le precauzioni annunciate negli aeroporti sono sufficienti?

Occorre sottolineare che le misure di prevenzione negli aeroporti di partenza sono efficienti. Una settimana fa, partendo da Monrovia, mi hanno misurato la temperatura ben tre volte con degli apparecchi che hanno un’accuratezza molto alta. Mi hanno fatto compilare dei documenti per capire se fossi stato in contatto con qualcuno con sintomi di ebola. Se si fanno dei controlli anche all’arrivo, tanto meglio, non faranno male. Soltanto una minoranza, con il virus in incubazione, riuscirebbero a passare, ma vista l’informazione ampia che c’è ora si agirebbe in poco tempo.

In molti casi dopo i controlli si interviene con l’isolamento: possiamo mettere in quarantena tutti quelli che hanno la temperatura alta?

L’ebola ha dei sintomi che sono in linea con altre patologie, come la malaria. Dal punto di vista clinico, quindi, è impossibile differenziarla attraverso la temperatura, anche se rimane il sintomo oggettivo da misurare. È corretto che ogni persona che abbia una storia di contatto con casi di ebola venga isolata. Bisogna specificare che il test preciso esiste: viene fatto nel momento in cui la persona ha la febbre e dà dei risultati in breve tempo, 4 o 5 ore. Se il sospetto risulta positivo lo si isola, altrimenti no. Se una persona non ha i sintomi bisogna seguirla per 21 giorni, ma non stiamo parlando di isolamento, soltanto di monitoraggio. La persona diventa contagiosa e contaminante solo quando ci sono i sintomi.

«Fermare l’ebola in Africa» come dicono Obama o Gino Strada: cosa ne pensa?

Si è data molta importanza al virus, anche se l’allarme esiste da mesi. Questo semplicemente perché ci si sente minacciati. I richiami di Obama arrivano in ritardo per stoppare o rallentare l’epidemia in Africa Occidentale. Detto questo qualsiasi tipo di intervento è utile, come i militari in grado di dare una mano in loco. La realtà è che la situazione è talmente catastrofica che c’è bisogno di tutto e di tutti. In Liberia la situazione è difficile perché non siamo all’inizio di un epidemia: il punto è che non si è affrontato il problema in modo doveroso dall’inizio. I casi, a Monrovia, per esempio, sono in tutta la città: le persone stanno morendo in casa o per le strade e a questo punto mettere in moto tutti sistemi di prevenzione, non serve più.

Perché le principali cause di morte in Africa, malaria, tubercolosi o HIV, hanno meno attenzione?

Perché ci sono da molto tempo, perché «vanno di moda» a momenti nonostante abbiano un impatto molto maggiore dell’ebola. La malaria è uno dei principali contribuenti della mortalità infantile in Africa, ogni anno. Ma soprattutto perché sono patologie che crediamo che non ci riguardino.

Foto: “Downtown Monrovia 3348917715 67a2002529” di Erik (HASH) Hershmanhttp://www.flickr.com/photos/whiteafrican/3348917715/. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.

Matteo De Fazio

Tratto da: http://www.riforma.it/

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