Sull’ultimo numero di Dabiq, la loro rivista, i terroristi spiegano anche la guerra di Kobane: «Contro i curdi è una guerra di religione, non nazionalistica».
«Con il permesso di Allah, conquisteremo Roma, spaccheremo le vostre croci e renderemo schiave le vostre donne. Questa è la promessa che Lui ci ha fatto (…) e Lui mantiene le promesse». Queste parole di Abu Muhammed al-Adnani al-Shami, portavoce dello Stato islamico, pronunciate in un file audio diffuso a fine settembre, sono state riprese in un lungo articolo pubblicato sul quarto numerodella rivista dei jihadisti, Dabiq.
LA COPERTINA. La copertina del numero, dal titolo “La crociata fallita”, mostra con un fotomontaggio una bandiera nera che sventola sull’Obelisco di Piazza San Pietro. Con il termine “crociati”, i terroristi si riferiscono ai cristiani ma soprattutto agli occidentali in generale, colpevoli secondo loro di aver colpito e umiliato più volte nella storia il popolo musulmano.
DABIQ. Il titolo della rivista, Dabiq, non è casuale: la città del nord della Siria è stata teatro nel 1516 della battaglia finale in cui gli Ottomani sconfissero i Mamelucchi, consolidando l’ultimo califfato che si ricordi nella storia. Secondo un hadith (aneddoto sulla vita di Maometto, che fa parte della Sunna), Dabiq è anche fondamentale dal punto di vista escatologico: è il luogo dove i “crociati” verranno sconfitti dai musulmani «prima dell’Apocalisse».
«GUERRA DI RELIGIONE». Sull’ultimo numero della rivista, diffusa domenica, oltre alle ripetute minacce contro gli americani e gli europei, si accenna anche alla guerra che lo Stato islamico sta conducendo contro i curdi a Kobane: «Non vogliamo dimenticarci di rivolgere un messaggio al popolo musulmano (…). La nostra guerra contro i curdi è una guerra di religione. Non è una guerra nazionalistica (…). Non combattiamo i curdi perché sono curdi. Piuttosto noi combattiamo gli infedeli che si trovano tra di loro, gli alleati dei crociati e degli ebrei nella guerra contro i musulmani».
«RITORNO DELLA SCHIAVITÙ». Sono due gli articoli che la rivista richiama in prima pagina: il primo parla della «crociata finale» e spiega come quella tra la coalizione di Barack Obama e lo Stato islamico sarà l’ultima grande guerra che anticipa l’Apocalisse. Il secondo inneggia al «ritorno della schiavitù» e spiega come le ragazze yazide siano state prese e vendute come schiave.
SORTE DEI YAZIDI. Quest’ultimo articolo è il più interessante di tutto il numero perché all’interno si ammette esplicitamente che «dopo la conquista della regione di Sinjar», avvenuta ad agosto in Iraq, «lo Stato islamico si è trovato davanti una popolazione di yazidi (…). Le loro donne possono essere schiavizzate» perché eretiche, al contrario delle «apostate» o «infedeli» che «possono solo ricevere l’ultimatum di convertirsi o affrontare la spada».
«DONNE VENDUTE». Di conseguenza, «dopo la cattura, le donne yazide insieme ai loro bambini sono state divise tra i combattenti dello Stato islamico che hanno partecipato alle operazioni di Sinjar. In seguito, un quinto delle schiave sono state trasferite nel centro dello Stato islamico per essere divise come khums», cioè la quinta parte del bottino che Maometto storicamente teneva per sé e per la comunità.
«Questa riduzione in schiavitù di famiglie politeiste è la prima probabilmente da quando è stata abbandonata la sharia. (…) Le yazide schiavizzate ora sono state vendute ai soldati dello Stato islamico».
SCHIAVITÙ E CORANO. La schiavitù forzata delle donne eretiche non viene solo presa come un fatto positivo, ma anche giustificato alla luce dell’islam: «Bisogna ricordare che rendere schiave le famiglie degli infedeli e prendere le loro donne come concubine è un aspetto stabilito in modo chiaro dalla sharia. E se qualcuno la negasse o la prendesse in giro, negherebbe e prenderebbe in giro i versi del Corano e le narrazioni del Profeta, e di conseguenza diventerebbe un apostata».
Leone Grotti
Tratto da: http://www.tempi.it/
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