Siria. Produrre vino in mezzo alle bombe: così il cristiano Saade dà speranza a un intero paese

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vino-siria-cristianiL’imprenditore spiega: «Siamo appassionati e non ci fermeremo. Andremo avanti finché ci sarà possibile». Con lui lavorano anche donne scappate dalla capitale del Califfato, Raqqa, dove bere è vietato.

Nella Siria devastata da tre anni e mezzo di guerra e dal terrore dello Stato islamico, ci sono cristiani che continuano a costruire. È il caso di Sandro Saade, produttore di vino in Libano e in Siria: «Siamo appassionati – dichiara ad Ap  e non ci fermeremo. Andremo avanti finché ci sarà possibile». Saade distribuisce vino in tutto il mondo e le sue cantine sono resistite agli scontri e all’ambiente prevalentemente islamico, dove produzione, vendita e consumo di alcol sono vietati.

NON SOLO BUSINESS. Per le famiglie come i Saade, sottolinea l’Ap, la produzione di vino non è solo un business ma un’affermazione delle proprie radici. Si tratta di una vera e propria arte che risale a tempi antichi, per questo l’imprenditore non si accontenta di produrre ma vuole anche «mantenere un vino di alta qualità». La cantina di Saade si trova in una zona relativamente sicura della Siria, ancora sotto il controllo dell’esercito di Bashar Al Assad, che ha sempre tollerato la compravendita di alcolici.

COLPI DI MORTAIO. Le difficoltà però sono enormi. I colpi di mortaio gli distruggono spesso i vitigni. In giugno ne sono andati distrutti una quindicina da cui Saade ricavava lo Chardonnay. L’uva e le bottiglie devono poi essere trasportate in taxi, spesso seguendo percorsi complicati per via dei posti di blocco. In più, essere una famiglia di produttori non è facile: il rischio di essere rapiti è alto. Anche in Libano, dove Saade gestisce i suoi affari, la situazione non è delle migliori, dato che l’industria del vino è concentrata nella regione orientale di Bekaa, a lungo roccaforte degli Hezbollah, destabilizzata ulteriormente dall’arrivo di milioni di siriani in fuga.

UNA BELLA SORPRESA. La situazione non è delle più favorevoli, insomma, ma Saade non si scoraggia e sa trovare il lato positivo di questo dramma. Tantissimi europei sono infatti sorpresi quando scoprono da dove proviene il suo vino: «Sorridono sempre. È sicuramente una bella sorpresa». L’azienda di Sadee riesce ancora a produrre circa 45 mila bottiglie all’anno, contando fra queste alcune di alto livello vendute al prezzo di 35 dollari.
Le opere dei cristiani sono un grande segnale di speranza nella Siria devastata dalla guerra. In uno dei vigneti di Saade, posto sul confine tra Libano e Siria, la maggior parte delle lavoratrici è scappata da Raqqa, capitale siriana del Califfato, dove bere alcol fa scattare la punizione di 100 frustate. Una di loro, madre di due figli a 21 anni, spiega: «Così riesco a mantenere in vita i miei bambini».

Benedetta Frigerio

Fonte: http://www.tempi.it/

 


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