Aumenta la tensione in Gran Bretagna a meno di una settimana dal voto popolare per l’indipendenza della Scozia
(ve/idea) Il prossimo 18 settembre 4,2 milioni di votanti saranno chiamati a esprimersi sull’indipendenza della Scozia. Intanto i sondaggi delineano un testa a testa tra favorevoli e contrari. Le chiese si sono dichiarate neutrali, ma temono che il dibattito degeneri e invitano perciò alla preghiera e al digiuno. Cattolici e protestanti hanno già fatto sapere che indipendentemente dall’esito della consultazione, dopo il voto si adopereranno per la conciliazione delle due parti.
Impegno delle chiese
Sedici chiese protestanti e la chiesa cattolico-romana promuovono la campagna “Pregate per la Scozia!” e hanno proclamato il 14 e il 17 settembre “giornate nazionali di preghiera”. Un invito ad aderire alla campagna è stato formalmente inoltrato anche ai principali attori di questa consultazione: il primo ministro scozzese Alex Salmond, leader del movimento per l’indipendenza, e Alistair Darling, esponente della campagna “Better Together” (Insieme è meglio), favorevole al mantenimento dell’unione con la Gran Bretagna. Nelle giornate di preghiera, le chiese e i centri comunitari rimarranno aperti dalle sette alle 22, e a ogni ora piena in tutti i luoghi di culto sarà pronunciato il Padre nostro.
In un appello comune, le chiese hanno ricordato che già prima dell’unione della Scozia con il Regno Unito, nel 1707, ci fu l’invito a pregare per l’allora regina Anna (1665-1714) e per i governi a Edimburgo e Londra, affinché “tutto potesse accadere in onore di Dio”. Oggi, come 300 anni fa, le chiese si propongono come riferimento spirituale per il Paese. Non prendono partito, ma si preoccupano piuttosto del clima morale e spirituale della Scozia. Le chiese sono convinte che la preghiera possa influire positivamente sulla società.
Dopo il voto la riconciliazione
John Chalmers, moderatore della Chiesa riformata di Scozia – la più grande chiesa protestante del Paese – è preoccupato per le divisioni che potrebbero nascere in seguito alla consultazione sull’indipendenza. E ritiene che non sia ancora troppo tardi per rafforzare, nella società scozzese, il sentimento di appartenenza a un’unica comunità. In tal senso, afferma Chalmers, “saranno decisivi i primi giorni dopo il voto. E i vincitori dovranno evitare qualsiasi forma di trionfalismo”. Secondo il moderatore della Chiesa riformata di Scozia, si tratta di vivere un processo democratico corretto, di cui l’intero Paese possa andare fiero. Domenica, dopo la votazione, nella cattedrale di Sant’Egidio di Edimburgo, sarà celebrata una cerimonia di conciliazione, “per riunire tutti gli uomini di buona volontà sotto un’unica bandiera”, conclude Chalmers.
Evangelicali contro l’indipendenza
Anche la chiesa cattolica-romana di Scozia si è impegnata a mantenersi neutrale a livello politico. “I cittadini devono avere la possibilità di esprimere il loro voto in completa libertà”, ha detto l’arcivescovo di Saint Andrews e Edimburgo, Leo Cushley. “E prendere parte alla votazione”, ha aggiunto, “è un obbligo civile”.
In tutta la Gran Bretagna, la maggioranza dei cristiani è contraria all’indipendenza della Scozia. Secondo un sondaggio condotto per conto dell’Alleanza evangelica britannica, il 74 percento degli evangelicali sarebbe “triste”, se la Scozia dovesse staccarsi dall’Inghilterra. Il 73 percento deplorerebbe anche il distacco del Galles, mentre il 64 percento non vorrebbe che l’Irlanda del Nord si staccasse da Londra.
La Scozia conta 5,3 milioni di abitanti. Il 42 percento appartiene alla Chiesa di Scozia e il sette percento ad altre chiese protestanti o anglicane. Il 16 percento della popolazione è cattolico. La presenza musulmana si attesta all’1 percento. La stessa percentuale è raggiunta dagli appartenenti ad altre religioni. Il 28 percento degli scozzesi si dichiara senza confessione, mentre il 5 percento non ha fornito alcuna indicazione. (trad. it. Elia Lagattolla; adat. Paolo Tognina)
Tratto da: http://voceevangelica.ch/
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