DIO E PATRIA VANNO IN GUERRA

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frontiera20svizzeraPropaganda religiosa nella Grande Guerra

(Paolo Tognina) Cento anni fa l’Europa divenne il teatro di un conflitto senza precedenti. La prima guerra mondiale (1914-1918) causò la morte di diciassette milioni di persone. Quando scoppiò, le nazioni coinvolte erano convinte di riuscire in breve tempo a raggiungere la vittoria e a ridefinire gli equilibri di potere in Europa. Dato che gli stati in lotta erano tutte potenze coloniali, il conflitto assunse ben presto dimensioni mondiali.Propaganda bellica
Il conflitto fu sostenuto ovunque da un’intensa propaganda di guerra tesa ad esaltare il sentimento patriottico, a diffamare il nemico, a convincere i soldati della bontà della causa per cui combattevano. E com’era successo molte volte in precedenza – e sarebbe accaduto anche dopo -, la propaganda non esitò ad affermare che anche Dio era dalla loro parte. Il conflitto vide opporsi due grandi coalizioni: la prima composta dalla Germania protestante, dall’Austria-Ungheria cattolica, dalla Bulgaria ortodossa e dalla Turchia musulmana; la seconda dall’anglicana Inghilterra, dalle nazioni cattoliche Italia e Francia e dalla Russia ortodossa. Sebbene il pluralismo religioso esistente sul campo non permettesse di delineare dei “fronti” religiosi, i governi non esitarono a strumentalizzare Dio per giustificare le proprie azioni.
Nell’agosto del 1914, l’imperatore Guglielmo II ricordò ai tedeschi che Dio era con loro (“Gott mit uns”). E l’anno successivo affermò di avere “la coscienza pulita di fronte a Dio e alla storia: questa guerra non l’ho voluta io”. Essendo stata trascinata nella lotta, la Germania – disse ancora – avrebbe però combattuto “fino alla vittoria finale, con le armi che Dio non mancherà di continuare a benedire”.

Dio con noi
Solo pochi esponenti delle chiese si sottrassero, all’inizio del conflitto, al clima di euforia patriottica e trovarono il coraggio di esprimere dei giudizi critici sulla guerra. La Federazione delle chiese protestanti francesi denunciò, nel settembre del 1914, “la scandalosa giustificazione della guerra mediante il ricorso alla retorica religiosa operata dagli imperatori di Germania e d’Austria”. Ma non si distanziò dalla “sacra unione” contro il militarismo prussiano nella quale furono arruolate le chiese francesi.
In Inghilterra, dove la maggioranza dei dirigenti ecclesiastici evitò di abbracciare una visione religiosa della guerra, il vescovo di Londra, Arthur Winnington, esortò pubblicamente gli inglesi “a uccidere i tedeschi, per il bene del mondo”.
In Germania, poco dopo lo scoppio delle ostilità, apparve il famigerato “Manifesto dei 93”, una dichiarazione di sostegno alla politica bellica del Kaiser sottoscritta dai più prestigiosi intellettuali tedeschi dell’epoca, tra cui anche parecchi illustri teologi.
Su tutti i fronti e teatri di guerra, soldati cristiani furono dunque esortati da zelanti predicatori di ogni confessione, come ha scritto lo storico inglese Paul Johnson, “a uccidersi vicendevolmente in nome del loro Salvatore”.

Appelli di pace
Papa Benedetto XV lanciò ripetuti messaggi contro la guerra e propose a più riprese di avviare trattative di pace. Da parte protestante, l’arcivescovo luterano di Uppsala e primate della chiesa luterana svedese, Nathan Söderblom, lanciò nell’autunno del 1914 un appello alla riconciliazione delle nazioni in guerra. Ma nessuna di queste iniziative ebbe successo e l’Europa proseguì nel conflitto che sarebbe terminato con un bilancio gravissimo: quasi dieci milioni di soldati morti, sette milioni di civili uccisi.
Alla fine della guerra circolò con insistenza un severo giudizio sulle chiese, le quali non sarebbero state capaci di impedire la guerra e con il loro sostegno al conflitto avrebbero firmato la propria dichiarazione di fallimento.

Tratto da: http://www.voceevangelica.ch/


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