Dalla Siria all’Iraq, nuovi orrori (e decapitazioni) delle milizie dello Stato islamico

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IRAQ_-_SIRIA_-_is_violenzeDurante la presa della base aerea di Raqqa gli islamisti hanno catturato e ucciso decine di soldati dell’esercito di Damasco. Nell’altura del Golan sequestrati Caschi blu: l’Onu chiede il rilascio immediato. In Iraq i jihadisti hanno decapitato un combattente curdo, minacce ai leader della regione autonoma. 

Baghdad (AsiaNews) – Non si fermano gli orrori e la violenze jihadiste in Siria e Iraq, con la diffusione di nuovi video – subito censurati – su YouTube che mostrano la decapitazione di prigionieri da parte delle milizie dello Stato islamico. In Siria i terroristi hanno ucciso decine di soldati di Damasco, catturati in seguito alla conquista della base aerea di Raqqa lo scorso fine settimana. Nel vicino Iraq altri esponenti del movimento estremista hanno decapitato un uomo di etnia curda, lanciando un avvertimento alle forze della regione autonoma che, assieme agli Stati Uniti, intendono respingere l’avanzata degli islamisti. Lo Stato islamico da tempo usa i social network e la rete per rilanciare video e immagini delle violenze, compiute anche su civili inermi o cronisti come avvenuto di recente con l’uccisione del giornalista cattolico americanoJames Foley. Una politica di propaganda con una doppia finalità: terrorizzare l’Occidente e reclutare nuovi combattenti in tutto il mondo, mentre il mondo musulmano reagisce con (poche) condanne formali e (troppo) silenzio.

Nei giorni scorsi le milizie dello Stato islamico hanno ucciso decine di soldati siriani, catturati nella battaglia per la conquista della base aerea di Tabqa; nelle immagini (clicca qui) si scorgono dozzine di uomini sdraiati a terra, con il volto rivolto verso il terreno, con indosso solo gli indumenti intimi e privati della loro uniforme. Poco distante, una pila di corpi ammassati l’uno sull’altro. Sull’autenticità del video, rimosso da YouTube, non è possibile avere conferme indipendenti; il numero delle vittime sarebbe attorno ai 250, anche se l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che monitora le violenze della guerra nel Paese arabo, fissa il totale a poco più di 120.

La presa della base aerea di Raqqa, ultima roccaforte di Damasco nell’area, e la probabile uccisione di dozzine di soldati, mostrano quanto sia radicata la presenza dello Stato islamico nel nord della Siria e diffuso il suo potere. Il video è stato girato in pieno deserto e la mancanza della più piccola traccia di sangue sulla sabbia, a detta degli esperti, mostra che il massacro è avvenuto da un’altra parte e che i corpi sono stati esposti “con una chiara finalità di propaganda”.

Intanto a Quneitra, la più importante città del Golan siriano a ridosso della linea di demarcazione con Israele, continua la battaglia fra islamisti e forze di Damasco, seguita con attenzione dall’intelligence di Tel Aviv preoccupata per i possibili sviluppi. Nella zona i jihadisti hanno catturato 43 Caschi blu delle Nazioni Unite, originari delle Fiji, mentre altri 81 di nazionalità filippina sono bloccati in due diverse località della regione. Il Consiglio di sicurezza Onu ha chiesto il loro “rilascio immediato”.

Le violenze islamiste non si limitano alla Siria, ma continuano con cadenza quotidiana anche nel vicino Iraq, dove gran parte del nord è da settimane nelle mani dello Stato islamico. I miliziani hanno diffuso in questi giorni un secondo video (clicca qui per vedere alcune immagini), che mostra la decapitazione di un uomo curdo catturato in precedenza. Intitolato “Messaggio nel sangue”, esso mostra diversi uomini vestiti con una tuta arancione – da Guantanamo a Foley, ormai simbolo di prigionia – probabili appartenenti alle milizie Peshmerga curde; in seguito l’immagine riprende un uomo inginocchiato, nei pressi della moschea della città di Mosul. Portata a termine la decapitazione, i miliziani lanciano un monito ai leader della regione autonoma del Kurdistan: altri prigionieri saranno sgozzati, se no verrà messa la parola fine all’alleanza con gli Stati Uniti nella lotta al Califfato.

Fonte: http://www.asianews.it/


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