ATLANTA – Migliora di giorno in giorno Kent Brantly, il medico missionario colpito dal virus Ebola e trattato con il siero sperimentale ZMapp. Brantly curava i malati di Ebola in Liberia per Samaritan’s Purse, organizzazione missionaria evangelica votata al sostegno umanitario. A scrivere del recupero in atto è lo stesso Kent Brantly in una lettera pubblicata sul sito dell’organizzazione missionaria. «Divento più forte ogni giorno – scrive Brantly – e ringrazio Dio per la sua misericordia perché ho combattuto questa terribile malattia. Sono stato testimone dell’orrore».
Il medico, che ora è in isolamento nell’ospedale della Emory University di Atlanta, nella lettera ripercorre i giorni passati in Liberia. «Quando la malattia ha iniziato a diffondersi – scrive – il mio impegno quotidiano è diventato quello di curare un numero sempre crescente di malati di Ebola. Ho tenuto le mani di innumerevoli persone mentre la malattia si prendeva le loro vite. Posso ancora ricordare ogni volto e ogni nome.
Quando ho cominciato a sentirmi male quel mercoledì mattina mi sono immediatamente isolato finché il test tre giorni dopo ha confermato la mia diagnosi. Positivo. Ricordo di aver provato un profondo senso di pace al di là di ogni umana comprensione: Dio mi stava ricordando ciò che mi aveva già insegnato anni prima: che mi avrebbe dato tutto ciò di cui avrei avuto bisogno, di aver fede».
Il caso del medico evangelico ha scatenato una serie di discussioni sull’uso dei farmaci sperimentali, ancora non testati sull’uomo, per combattere l’epidemia. A giorni la questione sarà affrontata da un comitato etico istituito dall’Oms.
Intanto, riporta il quotidiano inglese Independent, un team di Oms sta valutando anche la possibilità di combattere l’Ebola con le armi naturali di chi ha sconfitto il virus: un quaranta per cento di scampati dopo aver contratto la malattia. Utilizzare il sangue di questi sopravvissuti, isolandone il plasma ricco di anticorpi “anti-Ebola” e usarlo come cura è una strada che si profila per trovare una risposta rapida all’emergenza. Una strategia che non richiederebbe l’intervento dell’industria farmaceutica e che viene definita “fattibile” da David Wood, a capo del team dell’Oms che sta valutando questo approccio.
Anche Kent Brantly prima di essere trasportato negli Stati Uniti aveva ricevuto una trasfusione di sangue prelevato da un quattordicenne da lui curato e sopravvissuto al virus. [gp]
La lettera completa di Kent Brantly (in inglese): Samaritan’s Purse
Tratto da: http://www.evangelici.net/
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