Quest’anno ricorre il 70° anniversario dell’attentato a Adolf Hitler messo in atto, senza raggiungere l’obiettivo, il 20 luglio 1944 dal conte Claus von Stauffenberg. In Germania la data della «Operazione Walkyrie», pur senza essere l’unico tentativo di questo genere, è diventata il momento più importante per commemorare la resistenza al nazionalsocialismo.
Parlando di resistenza, è necessario introdurre una distinzione. Nonostante un controllo ferreo della popolazione, ci furono in Germania riserve, critiche e alcune, poche, contestazioni pubbliche al regime, e anche attività di aiuto per chi era perseguitato e minacciato di morte, particolarmente per gli ebrei. Già attività di questo tipo comportavano rischi non trascurabili per l’incolumità, la libertà e la vita di chi si impegnava. Anche alcuni rappresentanti e membri delle chiese, di tutte le confessioni, fecero sentire le loro voci. La resistenza, però, si basò sulla convinzione secondo cui il regime nazista avrebbe perso, per i crimini da esso compiuto, qualsiasi legittimità e avrebbe dovuto essere eliminato o mediante una congiura o con un attentato al dittatore, al quale i funzionari statali e le forze militari erano legati con un giuramento personale. Una resistenza operativamente rilevante si formò soltanto negli anni della guerra (dal 1938) ed era composta anzitutto da intellettuali, dalla nobiltà prussiana e da alti ufficiali che si erano resi conto dell’insostenibilità della strategia bellica adottata.
Di non poco conto fu il fermento cristiano della resistenza tedesca. Resta vero che la presa di potere del nazismo era stata resa possibile dalla ripugnanza nutrita nei ceti protestanti per la Repubblica di Weimar e dalla propensione di una buona parte del cattolicesimo, proprio nel periodo di crisi della democrazia, a idee corporativistiche, avverse al sistema parlamentare. Un principio di lealtà verso lo Stato nazista era predominante perfino nella Chiesa confessante. In sintesi, le chiese non hanno appoggiato attività di resistenza in senso stretto. Colpisce però che alcune delle persone impegnate nella resistenza motivarono le loro scelte con la fede cristiana.
Il «circolo di Kreisau» attorno al conte Helmut James von Moltke, che cercava di disegnare un’Europa post-bellica composta di entità locali auto-governate, era frequentato da protestanti affini al socialismo religioso, fra i quali il pastore Harald Poelchau, e dal giovane gesuita Alfred Delp. Fu quest’ultimo a inserire nelle riflessioni del circolo la dottrina sociale cattolica, affermando il principio della sussidiarietà. Il protestante von Moltke prese da Delp anche la visione – in sé discutibile – della modernità come epoca di progressivo degrado, culminante proprio nel nazismo, il cui crollo avrebbe dovuto consentire di inaugurare una fase di rinnovamento. Quando in seguito all’attentato Delp, come altri membri del circolo, finì nel carcere di Tegel, fu Poelchau, che fungeva lì da cappellano, a portargli le ostie e il vino per la celebrazione della messa – simbolo di un ecumenismo approfondito dall’esperienza condivisa di resistenza al regime.
Il teologo evangelico più rilevante della resistenza è stato Dietrich Bonhoeffer. Uno di pochissimi che già nel 1933 avevano protestato contro l’antisemitismo del regime, collaborò sin dal 1940 con il servizio segreto (Abwehr), che sotto la direzione dell’ammiraglio Wilhelm Canaris era diventato un centro della resistenza, organizzata fra l’altro da Hans von Dohnanyi, cognato di Bonhoeffer. Anziché sfruttare le sue relazioni ecumeniche per spiare l’Inghilterra, il che era il suo compito ufficiale, Bonhoeffer cercò di preparare il terreno internazionale per un colpo di stato in Germania, fino al suo arresto avvenuto già nell’aprile 1943. Soltanto dopo l’attentato del 20 luglio, però, furono trovate prove sufficienti a condannarlo a morte. Come gli altri congiurati dell’Abwehr, anche Bonhoeffer fu impiccato nell’aprile 1945.
Con le sue riflessioni sulla «responsabilità» da vivere in un mondo secolare, responsabilità orientata a «mandati» vocazionali concreti e non a principi astratti, Bonhoeffer ha dato del suo impegno «laico» una lettura teologica priva di pretese di superiorità. Il suo impegno in quel ramo della resistenza che consapevolmente tentava di uccidere il tiranno espresse il riconoscimento pieno della mondanità del mondo, in cui Bonhoeffer cercava di vivere la fede cristiana nella consapevolezza di correre il rischio di sbagliare ma di non poter non rispondere alla chiamata ricevuta.
* Professore di storia del cristianesimo alla Facoltà valdese di teologia
Lothar Vogel*
Tratto da: http://www.riforma.it/
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui