Sudan: nel nord persecuzione, nel sud guerra

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seleka-repubblica-centrafricana-islamCosa sta accadendo al Sudan? Dalla secessione tra Sudan (nord) e Sudan del Sud è esplosa una guerra civile nel Sud, mentre nel nord la persecuzione dei cristiani continua senza freni. Cerchiamo di sintetizzare quanto sta accadendo a questi due paesi, una volta componenti del più vasto stato africano.

Nel mezzo dei terremoti militari, politici ed economici di molti paesi nel mondo, la sorte del Sudan del Sud sembra sfuggirci. Tre anni dopo aver guadagnato l’indipendenza, la Repubblica del Sudan del Sud ancora è immersa nell’instabilità, mentre il movimento che aveva ingenerato la ribellione per la nascita di questo stato sembra essere degenerato nella benzina di un devastante conflitto etnico. Di vitale importanza per noi è capire in che condizioni vivano i cristiani sudanesi.

Nel corso delle ultime decadi, il Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese ha combattuto una lunga e sanguinosa guerra contro il governo islamico di Khartoum (oggi capitale del Sudan del nord, ma un tempo di tutto il Sudan, compreso l’attuale Sudan del Sud): questo governo per anni ha cercato di eliminare i gruppi etnici percepiti come non arabi e non musulmani, spingendo il paese in una guerra civile in cui milioni di cittadini (soprattutto del Sudan del Sud) sono stati uccisi. Poi nel 2011 si giunge alla secessione e alla nascita del Sudan del Sud democratico, staccato dal Sudan islamico. Vi ricordiamo che in tutto il territorio del Sudan vi è sempre stata una tangibile presenza cristiana: oggi nel nord islamico (Sudan) sopravvive una esigua minoranza a prezzo di notevoli sofferenze, mentre nella Repubblica del Sudan del Sud vi è una forte presenza cristiana (27% ma le stime sono difficili).

Dalla secessione le cose per la minoranza cristiana rimasta nel Sudan islamico (nord) non sono andate di certo meglio, anzi è stata bersaglio di rappresaglie e uccisioni da parte delle milizie del governo centrale a ovest, nel Darfur, e a sud, nelle montagne Nuba. Intanto, nel neonato Sudan del Sud tutti i conflitti interni irrisolti sono venuti a galla. Intorno alla metà del 2013, infatti, il presidente Kiir, esponente dell’etnia Dinka, ha licenziato parte del governo, soprattutto gli elementi di etnia Nuer come il vicepresidente Machar. A dicembre 2013, il disaccordo politico tra Kiir e Machar è esploso in violenze tra i due gruppi etnici, Dinka e Nuer, con risultati nefasti come oltre un milione di sfollati e, l’ONU stima, almeno 10.000 morti. Gli scontri continuano nella zona del petrolio, al confine con il Sudan: tutto questo getta il paese in una situazione drammatica.

In questi giorni, il presidente del Sudan del Sud, Salva Kiir, si è detto d’accordo a formare un governo ad interim con il suo avversario politico Riek Machar, dopo le pressioni delle Nazioni Unite. Purtroppo questo accordo non garantisce la pace o la fine di spargimenti di sangue, così come nemmeno il rispetto del cessate il fuoco in atto, dato che Kiir e Machar potrebbero ormai aver perso il controllo delle milizie che prima avevano usato per i loro scopi. Di fatto si accusano già l’un l’altro di non avere il controllo delle proprie milizie. Il processo di stabilizzazione (per il quale sono stati inviati altri soldati ONU) richiederà dunque molto tempo.

In mezzo a tutto questo si muove la Chiesa sudanese (tanto nel nord come nel sud), mentre il Sudan (nord) rimane all’11° posto della lista dove più si perseguitano i cristiani, con un livello di persecuzione definito estremo.

Tratto da: https://www.porteaperteitalia.org/


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