Reporter uccisi, minacciati, messi alla gogna, spesso precari e senza alcuna tutela da parte dei giornali e degli editori per cui hanno pubblicato scoop e rivelazioni. E ancora, articoli censurati, testate pignorate, o addirittura costrette a chiudere perché impossibilitate a difendersi di fronte ai prepotenti cui hanno pestato i piedi. Forse non molti ne sono al corrente, ma tutto questo succede nel nostro Paese, e la colpa non è solo della criminalità, i cui metodi di intimidazione nei confronti dei giornalisti “scomodi” sono ben conosciuti. Ci sono altre armi, meno violente ma altrettanto formidabili, che da un po’ di tempo a questa parte sono diventate le preferite dai politici, dai ricchi e dai potenti quando vengono pizzicati nei loro affari: le querele per diffamazione e le richieste di risarcimento milionarie, che da strumenti per la tutela del cittadino contro gli abusi della stampa si sono trasformate sempre più in un mezzo per troncare sul nascere il giornalismo d’inchiesta e la circolazione di notizie di fortissimo interesse pubblico.
La denuncia arriva da Ossigeno, lo speciale Osservatorio sull’Informazione Giornalistica e sulle Notizie Oscurate, promosso dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) e dall’Ordine dei Giornalisti (OdG). Che riporta una situazione allarmante, descrivendo un’atmosfera di costante tensione all’interno del giornalismo nostrano, che favorisce una sorta di “censura camuffata” che va a colpire l’informazione tutta. D’altronde, i dati riportati dall’osservatorio – in un anticipazione del report completo che uscirà a giugno – parlano da sé: sono ben 151 gli episodi di minacce, intimidazioni o aggressioni a giornalisti, nei soli primi 100 giorni del 2014. “Se il nostro contatore stava a zero nel 2006, anno in cui abbiamo cominciato a raccogliere le denunce, ad oggi le vittime sono 1837, di cui 1227 negli ultimi tre anni – afferma il direttore di Ossigeno Alberto Spampinato –. In pratica, una media di un episodio al giorno. E se nel 2013 c’è stato un aumento del 20% rispetto agli anni precedenti, dal primo gennaio 2014 siamo invece a un +50%”. L’analisi si concentra anche sulle caratteristiche di questi episodi, catalogati con tanto di nomi e cognomi: il 43 per cento di essi sono costituiti da avvertimenti, il 21 per cento da aggressioni e danneggiamenti, mentre ben il 36 per cento sono abusi di diritto e querele “pretestuose”, presentate solo con lo scopo di spaventare e censurare l’informazione.
Lo sanno bene i tre giornalisti invitati da Ossigeno a raccontare le loro esperienze durante la presentazione dei dati: come Andrea Cinquegrani, che ha parlato della lunga serie di intimidazioni che il mensile di cui è direttore, La Voce delle Voci, ha dovuto subire, fino al recente sequestro della testata, come risarcimento danni in seguito a una condanna in primo grado per diffamazione. Per questo, dopo oltre 40 anni di storia, il giornale è oggi a rischio chiusura. “Quello che la camorra non è riuscita a fare contro di noi – ha commentato amaro – lo sta facendo una sentenza del tribunale civile”. OClaudio Pappaianni, collaboratore dell’Espresso, che è stato recentemente minacciato di querela, e denuncia la mancanza di tutele e la poca solidarietà all’interno della stessa categoria dei giornalisti. Carlo Ceraso, infine, giornalista di Spoleto e direttore della testata web Tuttoggi.info, ha messo in luce i pericoli, poco noti, a cui va incontro ogni giorno il cronista locale, sottolineando anche lui la mancanza di tutele e la solitudine di chi va incontro a questo tipo di intimidazioni. Ceraso stesso ha subito minacce e l’oscuramento di tre articoli per disposizione giudiziaria a causa di un’inchiesta sul dissesto della Banca Popolare di Spoleto. “Siamo di fronte a un collasso della democrazia – ha detto il presidente della FNSI Giovanni Rossi – che apre la strada a una maggiore aggressività nei confronti del mondo dell’informazione, quella d’inchiesta, che non chiede un consenso preventivo da parte del potere”.
Antonio Spampinato spiega che buona parte della responsabilità è anche del sistema: “Molte di queste intimidazioni sono rese possibili da leggi e norme concepite in modo punitivo nei confronti dei giornalisti, che consentono facili abusi e non permettono di punire i prevaricatori”. E il disegno di legge in discussione al Senato, a quanto pare non cambierà di molto la situazione. “Per fare una buona legge – spiega il segretario di Ossigeno Giuseppe Mennella – dovremmo accogliere i richiami degli organismi europei ed internazionali, come l’OSCE, il Consiglio d’Europa e le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, fra l’altro, raccomandano di commisurare la pena pecuniaria alle possibilità economiche del giornalista o dell’editore, per evitare che una condanna causata da un errore porti alla cessazione delle pubblicazioni di una testata”.
Non che nel resto d’Europa non esistano situazioni simili, anzi. E qui entra in gioco l’altro annuncio fatto da Ossigeno e FNSI, ovvero la partenza del progetto “Safety Net for European Journalists“, sostenuto dalla Commissione Europea, per la difesa della libertà di informazione: in questo modo, il metodo di monitoraggio e tutela delle vittime promosso da Ossigeno si estende ad altri 11 Paesi. “È necessario creare una rete in grado di rispondere a un allarme grave – termina Spampinato – Anche perché non è solo un problema del giornalismo, ma della stessa libertà in un sistema democratico”.
Fonte: http://www.unimondo.org/
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