Quante e quali sono le piante nella Bibbia? A questa domanda provano a rispondere tre botanici italiani, Maria Grilli Caiola, Paolo Maria Guarrera, Alessandro Travaglini, con l’opera Le piante nella Bibbia, pubblicata da Gangemi editore (prezzo 30 euro).
Il libro si compone di 208 pagine, con testo, 110 schede relative alle piante descritte, 110 figure a colori delle piante riportate nelle schede, piante intere, foglie, fiori, frutti, semi, 170 referenze bibliografiche e sitografiche, tabelle riepilogative delle piante citate con il loro nome volgare, il binomio scientifico in latino, la famiglia in latino di appartenenza, le citazioni nel libro biblico, il capitolo e il versetto o i versetti riferiti alla pianta considerata.
Le piante sono raggruppate in 10 categorie, a iniziare da quelle della Terra Promessa per finire con quelle della Menorah e della Sindone. Vi sono incluse 12 tabelle riassuntive della piante trattate, delle citazioni nell’Antico e Nuovo Testamento, dell’etimologia dei nomi scientifici e comuni, delle citazioni bibliche.
Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo 10 schede relative ad altrettante piante citate nella Bibbia.
FICO, una delle sette piante della Terra Promessa
«Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere», Numeri 20,5.
FICO, Ficus carica L. (MORACEAE)- (Foto di A. Travaglini)
Il fico è una delle sette piante della Terra Promessa, citato spesso nell’Antico e Nuovo Testamento. La sua origine risale probabilmente a 5000 anni fa, in un’area corrispondente all’Asia occidentale. Da allora le popolazioni nomadi hanno provveduto a diffondere i semi di fico da un luogo all’altro, a migliorarne la coltura e l’uso e a tramandarlo per lunghi secoli ai popoli mediterranei (Egizi, Greci, Romani). Papiri egiziani ne parlano come di una novità importata dalla Siria e lo ritenevano un elemento importantissimo per l’alimentazione del popolo. Il suo frutto, consumato fresco, seccato, pressato, accompagnava l’uomo durante le lunghe peregrinazioni, mentre la fronda offriva riparo dai cocenti raggi del sole. Era inoltre usato come medicamento, legno per il fuoco ed era simbolo di fertilità e prosperità, di felicità terrena e ultraterrena.
GRANO, una delle piante più citate nella Bibbia
«Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto», Genesi 42,3.
GRANO (Grano duro), Triticum durum Desf. (POACEAE) – (Foto di M. Grilli Caiola)
È tuttora aperta la questione di quale frumento si parli nella Bibbia. Poiché i frumenti coltivati nell’area palestinese dovevano essere di più e diversi. In base alle informazioni contenute nei libri biblici e agli studi genetici e archeologici, è lecito supporre che in Israele si trovassero sia il grano duro (Triticum durum), un tetraploide, sia quello tenero (T. aestivum), un esaploide (Zohary et al., 2012). Entrambe le specie derivano da incroci tra un frumento diploide e una graminacea selvatica. Per il grano duro si è trattato di un solo incrocio, per il grano tenero ne sono occorsi due. Il grano duro doveva essere quello più conosciuto e coltivato. Ciò in base anche alle caratteristiche climatiche dell’area essendo il grano duro più esigente di clima caldo e secco. Nella Bibbia non si fa riferimento a pasta, ma a pane lievitato, pane azzimo, pane cotto e conservato a lungo, e si parla anche di semole e di piatti di tipo orientale come il couscous. Può darsi quindi che una parte del grano duro fosse riservato a piatti o pani particolari mentre per il pane dei poveri veniva usato orzo, oppure farro, oppure spelta, essendo le loro cariossidi più ricche di farina. Coltivato da tempi remoti nell’area mediterranea, il grano duro è una delle piante più citate nella Bibbia, come tale e come derivati, pane, focacce, impasti vari.
CEDRO, il primo agrume a essere coltivato in Israele
«Andate al monte e portatene rami di ulivo, rami di olivastro, rami di mirto, rami di palma e rami di alberi ombrosi, per fare capanne, come sta scritto», Neemia 8, 15.
CEDRO, Citrus medica L. (RUTACEAE) – (Foto di A. Travaglini)
Originario della Cina e India meridionale è stato introdotto nell’area mediterranea molto prima dell’era cristiana (Zohary et al., 2012) ed era già coltivato anche nella Giudea, oltre che in Egitto, e in Babilonia, dove la pianta era apprezzata per la sua bellezza e i frutti per le notevoli dimensioni che raggiungevano; anzi è stato il primo agrume a essere coltivato in Israele. In occasione della Festa dei Tabernacoli gli Ebrei portavano fronde di palma, rami di mirto e di salice e anche di cedri, pensando che questi erano da intendere come frutti dell’albero ombroso o bellissimo. Riguardo al significato del cedro, si pensa che esso simboleggi l’albero della conoscenza. Inoltre il comando biblico di prendere i frutti migliori viene interpretato come “prendere frutti senza difetto”, il che è piuttosto raro nel caso del cedro cresciuto in natura. Per ottenere tali frutti gli israeliani oggi ricorrono a colture in serra. A settembre ne colgono a mano i frutti maturi che, opportunamente imballati, vengono spediti agli ebrei in tutto il mondo per le celebrazioni rituali.
COTONE O LINO, quale è presente nella Bibbia?
«Vi erano cortine di lino e di porpora viola, sospese con cordoni di bisso e di porpora rossa ad anelli d’argento e a colonne di marmo bianco; vi erano inoltre divani d’oro e d’argento sopra un pavimento di marmo verde, bianco e di madreperla e di pietre a colori», Ester 1, 6.
COTONE, Gossypium herbaceum L. (MALVACEAE) – (Foto di P. M. Guarrera)
La presenza del cotone nella Bibbia è molto discussa. Nella Bibbia CEI-UELCI (2008) come in quella di Gerusalemme (1976) e di Ricciotti (1957) si parla di lino, ma in altre traduzioni quali Chouraqui (2003) e NRSV (1997) compare il cotone invece del lino. Il cotone inoltre è trattato tra le piante bibliche anche da altri autori (Hepper 1992; Maillat et Maillat 1999). Il cotone era coltivato in India ed è possibile che Alessandro Magno, dopo la conquista della Persia e il raggiungimento dell’India, abbia conosciuto la pianta e ne abbia favorita la diffusione. Si ritiene che la pianta venisse utilizzata in Palestina solo dal III sec. a.C. e la sua coltura si sia diffusa dopo la dominazione romana (…). La pianta coltivata per la produzione della fibra tessile, il cotone, ha due principali centri di origine: uno in Centro America, l’altro in Arabia e Asia Minore. Da quest’ultimo alcuni derivano il cotone coltivato in Israele da tempi biblici, ma non citato nella Bibbia CEI-UELCI (2008), dove sono invece citati il lino e la seta. Questo sembrerebbe escludere la presenza o almeno la coltura di questa pianta in Israele. Taluni autori, tuttavia ritengono che la pianta vi fosse già presente in epoca precristiana (Musselman, 2012), originaria dal ceppo dell’Iran.
GIGLIO BIANCO, simbolo di bellezza, santità, e resurrezione
«Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro», Luca 12, 27.
GIGLIO BIANCO, Lilium candidum L. (LILIACEAE) – (Foto di A. Travaglini)
Coltivato da tempo in Persia, nella Siria, in Palestina non è sicuro il luogo di origine. Una volta molto più frequente, in Israele si trova ancora sul Monte Carmelo e in Galilea. Il giglio bianco era simbolo di bellezza, di fertilità e prosperità; di purezza spirituale, santità, e resurrezione per i cristiani. Dall’ebraico Shoushan, che vuol dire giglio deriva il nome Susanna. La bellezza del fiore ha colpito naturalisti e artisti che l’hanno raffigurato nell’arte a cominciare dal Tempio di Salomone, fino alle tele raffiguranti la Madonna e santi con il giglio in mano, tanto che viene anche ricordato come “Giglio della Madonna” (Leonardo, Annunciazione), alludendo alla purezza di Maria concepita senza macchia. Nella Bibbia il giglio è citato più volte come simbolo e speranza di liberazione del popolo Israelita. Osea (14, 6- 7) invita alla conversione, profetizzando la salvezza di Israele da parte del suo Dio: “Sarò come rugiada per Israele: / fiorirà come un giglio / e metterà radici come un albero del Libano, / si spanderanno i suoi germogli / e avrà la bellezza dell’olivo / e la fragranza del Libano”. Esistono tuttavia interpretazioni diverse sulla pianta indicata nella Bibbia come giglio delle valli. Per taluni si tratta del mughetto, Convallaria majalis (anche se questo è solo specie di montagna), per altri di Hyacinthus orientalis e per altri ancora di Iris pseudoacorus che è a fiori gialli, quindi non potrebbe essere il giglio bianco (Moldenke et Moldenke, 1952).
RANUNCOLO, uno dei fiori più belli in Israele
«Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato, il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d’erba passerà. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce», Giacomo 1, 9-11.
RANUNCOLO, Ranunculus asiaticus L. (RANUNCULACEAE) – (Foto di A. Danin)
È uno dei fiori più belli in Israele. Si estende fino alle zone aride e può essere annoverato tra i fiori di campo che ai caldi raggi del sole appassiscono e perdono le corolle. La brevità della fioritura si presta bene a interpretare il valore della ricchezza e della bellezza, valori entrambi elevati, ma di breve durata. Come altri fiori di campo, quali il tulipano, l’anemone, il papavero, anche il ranuncolo ha fiori rossi ed è distinguibile dall’anemone per i sepali riflessi. Smith (1877) lo mette tra i gigli di campo che abbondavano in Palestina, ma Post esclude che possa trattarsi di gigli per il colore troppo intenso (in Musselman, 2012). Danin (1983) pone Ranunculus asiaticus tra la flora che si sviluppa su calcare gessoso e marna nella parte nord del Sinai. Compare in primavera di anni piovosi con le geofite Tulipa polychroma e Anemone coronaria, sui fianchi esposti a nord sopra gli 800 m su letti di calcare popolati da associazioni più mesofitiche di Artemisia herba- alba e Noaea mucronata. Nonostante le divergenze di opinioni, la maggior parte degli autori di volumi sulle piante bibliche concordano nel riportate tra queste anche il R. asiaticus (Wlodarczyk, 2007).
CARRUBO, un albero dalla tripla vita
«Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gliene dava», Luca (15, 16).
CARRU
BO, Ceratonia siliqua L. (CAESALPINIACEAE) – (Foto di A. Travaglini)
Citato solo nel Nuovo Testamento, il carrubo è un albero nativo in Israele, importante componente della sua vegetazione, presente in molte associazioni arboree delle pianure costiere e sulle colline della Galilea e della Samaria. Luca (15, 16) riferisce che le carrube venivano usate per alimentazione umana e animale, e anche oggi entrano nella composizione di molti mangimi. Ma è pianta di molto interesse anche in medicina per i semi le cui farine ricche di addensanti ed emulsionanti vengono impiegate in campo farmaceutico ed alimentare. Inoltre i frutti, previa frantumazione, possono essere sottoposti a fermentazione e distillazione per dare alcool. I semi, molto duri e omogenei per dimensioni e peso, sono stati usati a lungo come unità di peso, il carato (dall’arabo quirat), per metalli preziosi. Le foglie ricche di tannino sono impiegate per la concia delle pelli, mentre il legno trova uso in lavori di ebanisteria e nella fabbricazione di barche. Un tempo molto diffuso sia allo stato spontaneo sia in coltura, il carrubo ha subito col tempo un notevole declino. È un albero molto elegante che viene rivalutato come ornamento di parchi e grandi giardini su terreni sciolti. La pianta e i suoi usi sono stati riportati sia da Plinio sia da Columella. Molti legumi bruciati sono stati trovati negli scavi di Pompei ed Ercolano.
CEDRO DEL LIBANO, il più citato insieme all’incenso
«Persino i cipressi gioiscono per te / e anche i cedri del Libano: / Da quando tu sei prostrato / non sale più nessuno a tagliarci», Isaia 14, 8.
«Sono sazi gli alberi del Signore / i cedri del Libano da lui piantati», Salmo 104, 16.
CEDRO DEL LIBANO, Cedrus libani A. Richard (PINACEAE) – (Foto di A. Travaglini)
Albero maestoso, di 20-35 m di altezza, e tronco di 5- 8 m di larghezza, formava densi boschi nel Libano e nei Tauri della Cilicia. Per la qualità, fragranza e durata del legno, venne molto utilizzato in antichità per costruire case, navi, troni, altari. Cresce principalmente su terreno roccioso da 1500 fino a 3000 mt di altezza in ambienti a clima continentale freddo, mediterraneo o temperato freddo con piogge invernali. (…). Pianta molto longeva: si parla di esemplari che contano circa 2500 anni. Un tempo molto diffuso, è stato fortemente sfruttato per il legno resinoso e molto durevole per cui oggi il cedro del Libano allo stato naturale è ridotto a poche centinaia di esemplari protetti in riserve all’uopo costituite nel Libano (Databook on endangered tree and shrub species and provenance, 1986). In Turchia ne esistono ancora estese formazioni sui monti Tauri dove la riproduzione naturale è spesso molto abbondante e vigorosa. In coltivazione è un albero molto apprezzato e piantato a scopo ornamentale in grandi giardini e parchi. Nella Bibbia il cedro del Libano è citato più volte a simboleggiare la nobiltà, la regalità e la forza. Dopo l’incenso è l’albero più citato nella Bibbia (70 volte), per quanto solo nell’AT. La sua fama è legata a quella di re Salomone che “Parlò di piante, dal cedro del Libano all’issòpo che sbuca dal muro” (1 Re, 5,6) e ne chiese in abbondanza a Chiram, re di Tiro per costruire il Tempio a Gerusalemme.
CARDO MARIANO, una pianta biennale
«Gedeone disse: «Ebbene, quando il Signore mi avrà consegnato nelle mani Zebach e Salmunnà, vi strazierò le carni con le spine del deserto e con i cardi», Giudici 8, 7.
CARDO MARIANO, Silybum marianum – (Foto di A. Travaglini)
È una pianta biennale, nel primo anno produce una rosetta di foglie basali, picciolate, coriacee, pennatifide, lunghe fino a 40 cm, con margine ondulato e sinuato, con lobi triangolari terminati da spine robuste e lamina verde scuro con variegature bianche lungo la nervatura, glabra. In questa forma la pianta trascorre l’inverno. Nel secondo anno, soprattutto dopo abbondanti piogge invernali, compare il fusto aereo, eretto, robusto, scanalato, rugoso, alto fino a 1,5 m, ramificato nella parte superiore e con foglie larghe, sessili, glabre, dentate, terminanti con spine gialle. L’altezza della pianta unitamente alla larghezza delle foglie e alla densità delle piante ne fanno una formazione pressoché impenetrabile in certe zone della Galilea settentrionale dove si rinviene comunemente. (…) Il nome comune, cardo mariano, fa riferimento alle macchie color latte che sono sparse nelle foglie della pianta e che una tradizione vuole che siano le gocce di latte cadute mentre la Madonna allattava il bambino (Cattabiani, 1996). Di zone desertiche e subdesertiche, è presente anche in Italia in incolti e prati aridi. Nella Bibbia è citato anche come cardo del Libano perché abbonda nella Siria, specialmente sulla catena del Libano. (…) È una pianta che trova impiego anche in medicina per dei composti flavonici contenuti nei frutti, ad es., la silibina, che hanno effetto epatoprotettore e disintossicante del fegato.
ALOE, Nicodemo lo portò per profumare il lenzuolo di Gesù
Vi andò anche Nicodemo – quello che in precedenza era andato da lui di notte- e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e aloe”, Giovanni (19, 39).
ALOE, Aloe vera L. (ALOACEAE) – (Foto di A. Travaglini)
Pianta succulenta con una rosetta di foglie carnose, rigide, a margine spinoso. Fiori in lunghe spighe terminali, rossi, tubulosi (color rosso arancio in A. succotrina). Dalle foglie si estrae un succo che concentrato al sole diventa una massa solida di aspetto vetroso usata in medicina (amaro, colagogo a piccole dosi e purgante a forti dosi; cosmetico) e in veterinaria. Contiene composti antracenici (aloine, aloemodina ecc.). Gli egiziani lo adoperavano per imbalsamare i cadaveri. Nicodemo lo portò per profumare il lenzuolo di Gesù, probabilmente con l’intento di imbalsamarne il corpo [(Matteo (27,59), Marco (15,46), Luca (23,53)]. L’aloe più pregiata era A. succotrina, di cui alcune cellule epidermiche sono state ritrovate sulla Sindone (Marinelli, 2009; 2012). Il nome della specie viene dall’Isola di Socotra (Yemen) sulla costa orientale d’Africa all’ingresso del Mar Rosso. Si narra che Alessandro Magno si sia spinto a Sud alla conquista dell’isola per controllare il commercio della specie pregiata. (…) Secondo alcuni sembra che il nome di A. succotrina sia il risultato di una confusione storica. È una pianta della regione del Capo e non crescerebbe naturalmente a Socotra, ma per molti anni l’origine di questa pianta è rimasta avvolta nel mistero. È stato solo all’inizio del ‘900 che è stata registrata presso l’area del Capo una precisa località per A. succotrina. Sarebbe stata la prima specie di aloe introdotta dal Sud Africa in Europa (fiorì ad Amsterdam nel 1689). Alcuni autori (Smith, 1877; Greppin, 1988; Musselman, 2007) mettono in dubbio che la pianta citata in Giovanni sia del genere Aloe: potrebbe trattarsi di Aquilaria agallocha, spesso tradotta come aloe legno, ipotesi poco accettabile. Va comunque evidenziato che l’aloe aromatico, citato nell’ A.T. accanto ad altre spezie, vada identificato come Aquilaria agallocha.
Testi e foto sono tratte dal libro
Le piante nella Bibbia
Autore: Maria Grilli Caiola, Paolo Maria Guarrera, Alessandro Travaglini
Pagine: 208
Prezzo: € 30.00
Gangemi Editore
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