Alluvione Sardegna – La famiglia evangelica brasiliana, padre e figlio morti abbracciati e la Smart travolta: le storie di chi non si è salvato

Un’intera famiglia evangelica brasiliana intrappolata e sterminata in uno scantinato trasformato in un mini appartamento. Una madre e una figlia uccise da un’ondata di piena davanti agli occhi del papà. E padre e figlio morti abbracciati sotto le macerie dopo il crollo di un muro. Sono alcune delle tragiche storie che hanno segnato la Sardegna martoriata dall’alluvione.
La smart travolta dall’acqua e gli inutili tentativi di salvare moglie e figlia – Ha visto la Smart sulla quale viaggiavano la moglie e la figlia travolte dall’ondata di piena che ha sbarrato loro la strada all’improvviso. Lui le seguiva, è subito sceso dalla sua auto e ha tentato un disperato soccorso buttandosi nella marea di fango, acqua e detriti, rischiando a sua volta la vita. Poi è stato salvato da alcune persone che hanno assistito alla scena. Da allora, Innocenzo Giagoni, il poliziotto che ha perso l’intera famiglia a Olbia a causa del devastante passaggio del ciclone Cleopatra, è ricoverato in stato di choc. Le auto erano lontane dalla casa di famiglia in via Veronese, nella zona alta della città, una strada parallela a via Aldo Moro, la passeggiata del capoluogo della Gallura. Secondo le prime ricostruzioni dei colleghi, Giagoni, assistente della Polizia di Stato di 48 anni, originario di Roma, stava seguendo con la propria auto la Smart con a bordo la moglie Patrizia Corona, 42 anni, imprenditrice e gestore di una serigrafia, e la figlia Morgana, di 2, quando, all’altezza di via Cina, dove sorge un piccolo campo da calcio chiamato Nespolino, perché vicinissimo allo stadio Bruno Nespoli, le due vetture si sono trovate in mezzo ad un’ondata di piena. In quella parte della città, nel quartiere Bandinu, l’acqua ha trascinato via tutto. L’uomo ha fatto appena in tempo a vedere la Smart trascinata via da detriti e fango e si è lanciato fuori dalla macchina rischiando a sua volta di annegare.
Ha urlato e nuotato sino allo sfinimento e solo l’intervento di alcune persone che si trovavano sul posto ha evitato che anche lui finisse soffocato dal fango. Una volta in salvo non si è arreso e ha continuato a cercare sua moglie e la figlia, chiamando a gran voce i loro nomi come fosse in trance. Per calmarlo ed evitare qualche gesto disperato, sono intervenuti gli operatori di soccorso che lo hanno subito trasportato all’ospedale di Olbia dove si trova tuttora ricoverato. I colleghi della Polizia, che descrivono Giagoni come una persona molto disponibile che non si tira mai indietro, stanno cercando di stargli accanto: sia quelli della Polizia di frontiera, dove l’agente sopravvissuto è in servizio dal 14 gennaio di quest’anno, sia quelli della Polstrada, dove ha lavorato sino alla fine del 2012. Oggi anche il questore di Sassari Antonello Pagliei ha fatto visita al poliziotto, che è tenuto costantemente sotto stretta osservazione.
Quattro brasiliani morti nel loro miniappartamento – Avevano trasformato uno scantinato in un mini appartamento in cui vivevano in quattro e da cui potevano controllare quella villetta di cui erano custodi. Quello scantinato è diventato una trappola, una “gabbia” da cui non sono riusciti a fuggire, sommersi da tre metri d’acqua. Hanno impiegato quasi otto ore i vigili del fuoco e la Protezione civile per recuperare i corpi di Isael Passoni, 42 anni, della moglie Rodrigues, 41, e dei figli Weriston e Laine Kellen, rispettivamente di 20 e 16 anni, la famiglia brasiliana travolta dalla furia dell’acqua mentre si trovava nello scantinato in località Mulinu Vecchiu ad Arzachena. Erano arrivati in città da poco più di un anno dopo aver trascorso alcuni anni a Luogosanto, nel sassarese. Isael e la moglie erano impiegati come custodi del villino, la figlia studiava ragioneria, mentre il ragazzo più grande lavorava con i genitori e saltuariamente in Costa Smeralda. In pochi sapevano che vivevano in quello scantinato: quando i soccorritori sono arrivati sul posto, dopo la piena del Rio Mannu e San Pietro, hanno notato quell’auto parcheggiata e sono scattate le ricerche, ma ormai era troppo tardi.
I brasiliani non hanno avuto scampo, l’acqua ha ostruito l’unica via d’uscita, sommergendoli. “Erano arrivati in Italia per guadagnare il denaro per vivere e hanno fatto questa fine terribile – racconta una insegnante di Luogosanto vicina di casa della famiglia prima del trasferimento ad Arzachena – Mi chiedevano consigli, erano brave persone”. In Italia non avevano parenti, ma Isael Passoni faceva parte della Comunità cristiana evangelica che opera nel nostro Paese. “Era un ministro di culto evangelico – racconta Santi Bertuccio della stessa comunità, il primo a mettersi in contatto con il sindaco di Arzachena -. Aveva lasciato il Brasile e dopo aver trascorso un periodo a Milano era stato prima in Spagna, poi si era trasferito in Sardegna per lavoro, prima a Luogosanto quindi ad Arzachena”. Isael aveva lasciato il sassarese proprio per motivi religiosi. “Andava due volte a settimana nella nostra chiesetta di Arzachena – svela Bertuccio – proprio per questa ragione aveva deciso di trasferirsi lì. Sarebbero rimasti in Sardegna ancora poco tempo, volevano tornare in Brasile. E’ una tragedia terribile che ci ha sconvolti. Ero amico con Isael, eravamo molto legati”.
Abbracciati sotto le macerie del muro crollato – Sono rimasti insieme sino alla fine, Francesco Mazzoccu, 35 anni, e il figlio Enrico, che di anni ne aveva appena tre. Stretti in un abbraccio paterno, che però è stato sciolto dalla forza distruttrice dell’acqua. Il padre, un operaio di Olbia, è andato all’asilo in macchina a prendere il piccolo: lo voleva portare al sicuro, a casa, in via Monte a Telti, in località Raica, lungo la strada che da Olbia porta al paese. Una corsa disperata con un epilogo tragico.
All’improvviso il torrente che costeggiava la strada si è ingrossato a causa del violento nubifragio, invadendo la carreggiata. Francesco ha quindi deciso di scendere dall’auto, ormai sommersa dall’acqua, e mettersi al sicuro sopra un muro di recinzione di un terreno. Nel tentativo di proteggere il figlioletto, ha aperto il giubbotto e, usandolo come un marsupio, ha sistemato il piccolo all’interno. Nel frattempo alcuni parenti, compreso il padre di Francesco, al riparo nella zona alta residenziale, hanno lanciato delle corde con l’intento di agganciarli e portarli al sicuro.
Ma tutti i tentativi sono stati vani: i lanci delle cime non hanno raggiunto né il padre né il figlio. Dopo tre quarti d’ora, mentre l’uomo, in bilico sul muro, ha cercato i tutti i modi di tenere duro e resistere alla forza dell’acqua, il muro e’ crollato, trascinando a valle i due corpi. Francesco è stato recuperato nella tarda serata del 18 novembre, denudato dalla furia dell’ondata di piena, bloccato da un palo della corrente elettrica. Il figlio Enrico, invece, è stato ritrovato solo il 19, cinquanta metri ancora più a valle, all’interno di quello che era un aranceto. Per loro non c’è stato nulla da fare. La mamma del piccolo è in preda alla disperazione: con lei tutto il quartiere, che si è stretto intorno allo sconforto della giovane donna.
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