Dio non vede con i nostri occhi. Non vede con gli occhi del senso comune, dell’opinione pubblica, nemmeno con gli occhi della chiesa. Dio vede con i suoi occhi, che vedono quello che nessun altro occhio può vedere.
Gesù annuncia che il Regno di Dio è lì dove nessuno l’ha ancora cercato. È dei poveri in spirito, è dei perseguitati a causa di giustizia. Non è al centro del regno del mondo, ma alla dimenticata periferia di questo mondo. E soprattutto, il regno di Dio non è evidente, ma nascosto. Così, chi fa l’elemosina per Dio, la fa per il suo regno, e lo fa nel segreto. Non lo fa in pubblico, non lo fa nemmeno nell’intimità di se stesso. Lo fa per Dio solo, e attende il giudizio, la giustizia e la ricompensa del regno di Dio.
Gesù insegna a non praticare opere di giustizia per essere notati dagli altri,
Gesù insegna a non praticare opere di giustizia per essere notati dagli altri, come alcuni che fanno l’elemosina facendo suonare le trombe. Questo è diventato un modo di dire popolare, ma si riferisce all’atto di mettere manciate di monete negli imbuti metallici della raccolta delle offerte attorno al tempio di Gerusalemme. Questi imbuti erano chiamati «trombe», per la loro forma, e finivano nella cassettina. «Far suonare la tromba» voleva dire mettere molte monete. Queste sono le offerte o le buone azioni fatte alla luce delle telecamere e non sono dirette a Dio, ma al pubblico. Non si tratta soltanto di denaro, ma di tutte quelle buone opere di solidarietà che finiscono in pasto al pubblico. Non si tratta necessariamente di cattiva fede, ma di stabilire per chi veramente fai del bene. Se lo fai per il pubblico, allora non lo puoi e non lo devi fare di nascosto. E allora l’opera buona non ti serve per il regno dei cieli, ma per il regno del mondo, non ti serve per essere approvato da Dio, ma osannato dagli altri uomini. Allora non aspetti la ricompensa del regno di Dio, ma ottieni tutto subito. Ottieni l’applauso ora, e domani tutti si sono dimenticati di te. Questo è il potere del regno del mondo, quel regno che si vede e che ricompensa immediatamente chi lo serve. Il regno che ha una totale evidenza, ma che non nasconde nessuna speranza e nessuna aspirazione. Gesù dice addirittura: «Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra», cioè non nascondere le tue buone opere solo agli altri, ma nascondile anche a te stesso. Anche questa parola è stata storpiata dalla privacy dell’avarizia: nessuno deve sapere quanto poco do di contribuzione alla chiesa. Così ho abilmente trasformato il versetto che adesso suona così: «Non sappia la tua sinistra quel che non fa la tua destra». Tu sai di essere avaro, e pensi che gli altri non lo debbano sapere. Vorresti conservare il tuo peccato con il placet della parola di Gesù.
Ma la parola di Gesù è giustificazione del peccatore e non del peccato. Quindi, questo versetto non appoggia l’elemosina anonima, se non quell’elemosina che deve essere anonima per chi la fa. Se la mano sinistra non sa quanto dà la destra, allora tu stesso ti sei dimenticato dell’elemosina che hai fatto. Non è importante che gli altri sappiano o non sappiano che hai dato, non è nemmeno importante che tu sappia che hai dato, è importante soltanto che lo sappia Dio. Una storiella ebraica dice che tutto il bene fatto che noi ricordiamo, Dio se lo dimentica, ma tutto il bene fatto che noi dimentichiamo, Dio se lo ricorda. Se una mano non sa quello che fa l’altra, allora ci dimentichiamo subito del bene che facciamo e lo affidiamo al ricordo di Dio. «Segreto» non vuol dire «intimo». L’intimo è il luogo in cui siamo soli con noi stessi, il segreto invece è il luogo dove Dio ci vede. «Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra», condividi in segreto e dimenticatene, perché Dio solo lo può custodire. Dio vede nel segreto ciò che viene fatto nel segreto. Questo vuol dire che gli occhi di Dio non sono lì dove sono gli occhi degli altri. Dio vede dove nessun altro vede. Ciò significa prima di tutto che Dio non vede con i nostri occhi. Non vede con gli occhi del senso comune, dell’opinione pubblica, nemmeno con gli occhi della chiesa. Dio vede con i suoi occhi, che vedono quello che nessun altro occhio può vedere. Cioè, Dio vede la motivazione di un gesto, Dio legge l’origine e il fine di ciò che facciamo. Ogni parola, ogni gesto e ogni pensiero di riconoscenza che passa nella nostra vita è conosciuto da Dio, è approvato e ricordato. Dio vede nel segreto, e nulla di ciò che è buono sarà perso, ma tutto avrà la sua ricompensa. Quando crediamo di essere sovraccarichi di meriti, quando siamo tanto attivi Dio vede nel segreto e vede l’essenziale; quando siamo immobilizzati su un letto Dio è l’unico che può leggere fino in fondo le speranze segrete del nostro cuore. Il segreto è il luogo in cui Dio incontra la parte autentica di noi, quella parte che solitamente è nascosta anche a noi stessi, quella parte che lo riconosce e che lo attende.
Il contrasto tra evidenza, intimità e segreto permane tuttora. Il denaro, fortissimo totem, fa da cartina di tornasole a questo contrasto che è evidente anche oggi, se stiamo attenti. Se qualcuno dona milioni di dollari in beneficienza, tutti ne parlano, e nelle banche c’è la striscia che delimita la distanza di cortesia. Ora, qual è l’ambito della presenza di Dio, qual è l’ambito autentico in cui la nostra vita viene guardata, giudicata e ricompensata secondo giustizia? Tre ambiti possibili. Il pubblico, cioè l’evidenza, l’applauso immediato, questo è il premio che ne hanno. Non perché sia falso, ma proprio perché è tutto evidente: battuta e applauso, e tutto è compiuto! Non sono l’evidenza e la curiosità l’occhio che darà il giudizio vero sulla nostra vita. L’intimità? Il nostro giardino interiore? No, perché l’intimità è solitudine, e la solitudine si trasforma presto in un inferno. Dove vi è una solitudine interiore, lì c’è sofferenza e pericolo. Guardati allo specchio spirituale, guarda che cosa ti mostra. Come dovresti essere e come sei, come avresti voluto essere e come sei. Davanti a te, nello specchio spirituale, non trovi altri che un accusatore e un nemico. Il nostro cuore ci può condannare, ed è una condanna spaventosa. Ma se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa (I Giovanni 3, 20). E dov’è che Dio giudica la nostra opera, la nostra vita? Nel segreto. In quel segreto in cui Dio ci vede e in cui attendiamo il suo regno e la sua ricompensa. Quel segreto che Dio solo conosce e può farci conoscere.
Il Padre ci vede nel segreto, ci rivela chi veramente siamo e nasconde la nostra vita in lui per manifestarla e per ricompensarla nel giorno eterno del suo regno. E davanti a questo segreto del regno c’è la nostra fiducia nella presenza di Dio che ci vede, ma c’è anche il nostro desiderio di vedere il suo regno, la sua giustizia, la sua ricompensa. «Il Padre tuo te ne darà la ricompensa». Darà è coniugato al futuro. Il segreto è un luogo di attesa. Rimettiamo la nostra elemosina e la nostra vita nella memoria del Signore, e allo stesso tempo lo attendiamo. Sei davanti a noi, Signore, ci sei ma allo stesso tempo ci manchi. Ti aspettiamo, Signore, e aspettiamo il tuo regno e la tua ricompensa. La giustizia dei credenti è tra la conoscenza e l’attesa. La conoscenza di Dio, e l’attesa della sua manifestazione. Grazie a Gesù Cristo, la verità della nostra vita è raccolta, conservata e custodita dal segreto del regno di Dio.
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