Eutanasia. L’ipocrisia della Svizzera e della cultura dello scarto con il caso “Sarco”

L’inganno e l’ipocrisia dell’eutanasia e del suicidio assistito si sono palesati nei giorni scorsi in Svizzera dove, a seguito della morte attraverso l’utilizzo della capsula “Sarco di una donna americana di 64 anni, le forze di polizia hanno ordinato diversi arresti.

Quella che sembrava essere la “patria” dell’eutanasia, dunque, scopre il suo volto e palesa l’inganno e l’incoerenza della pratica eutanasica. La morte procurata, evidentemente, va bene se fatta in un certo modo, in questo caso con l’aiuto delle cliniche, non va bene se fatta in un altro, in questo caso con l’aiuto di un altrettanto diabolico marchingegno di morte, ideato da tal dottor Nitschke, che, azionando un pulsante, rilascia azoto, mortale in cinque minuti.

La motivazione ufficiale è che la capsula non è conforme alla legge e chi aiuta altri a usarla per togliersi la vita è perseguibile di istigazione al suicidio. Ma allora qualcosa non torna. Se questo divieto è concettualmente accettato e la sua violazione legalmente perseguibile, come possono invece essere accettate e legali le cliniche Exit, Dignitas e The Last Resort? Non c’è forse anche qui l’aiuto di personale? Non viene forse procurato tutto l’occorrente per uccidersi? Anzi, addirittura sono state costruite delle vere e proprie strutture preposte a realizzare materialmente il suicidio. Quindi? Forse la morte non è sempre un diritto, ma solo quando conviene alla Svizzera e alle sue cliniche?

La domanda, infatti, sorge spontanea: qual è la differenza? Sta forse nel business che si nasconde dietro agli aiuti medicalizzati delle cliniche e che deve essere in qualche modo “tutelato”? O sta forse nell’aiuto medicalizzato stesso, che è più “professionale”? Ma non è anche quello, in definitiva, istigazione al suicidio, pur se fatto con un camice bianco? Di più: non è forse questa, piuttosto, un’aggravante? E non è, forse, un modo di istigare al suicidio anche tutta la propaganda pro morte portata avanti da associazioni e politici che a turno fanno a gara per ricordarci la retorica dei diritti mortiferi?

Potremmo andare avanti all’infinito, palesando la contraddizione in termini di queste pratiche e di chi le sponsorizza. La verità è che tutta quanta la costruzione sociale, economica, culturale che si cela dietro la spinta all’eutanasia legale è un inganno, una menzogna diabolica che, di fatto, magari con l’aggravante di motivazioni economiche, non ha nessun altro obiettivo se non quello di favorire l’uccisione di esseri umani. Ecco dunque svelato l’inganno della cultura dello scarto. Di “solidale”, di “giusto”, di “buona morte” non c’è mai nulla. La morte procurata è e sarà sempre un abominio, spesso usato a uso e consumo per il business di qualcuno.

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