Sottolineando come tale repressione giudiziaria colpisca soprattutto le giornaliste curde o che lavorano per i media curdi.
Dimostrando dati alla mano che “tra tutte le donne giornaliste perseguitate e detenute dalla giustizia turca, coloro che lavorano per la stampa curda sono quelle che subiscono i trattamenti più duri”. Infatti le giornaliste che si occupano della questione curda “vengono abitualmente arrestate e accusate di gravi reati collegati al terrorismo”.
Non dovrebbe essere necessario, ma forse è il caso di ricordare che “il giornalismo non è terrorismo” . Per cui il deliberato tentativo delle autorità turche di reprimere l’informazione indipendente rappresenta “una violazione flagrante della libertà di stampa”.
Immediata o quasi la risposta del potere. Nella serata del 20 settembre (praticamente il giorno stesso della pubblicazione del rapporto-denuncia di CFWIJ), l’abitazione della giornalista curda Rabia Önver (corrispondente dell’agenzia JinNews) veniva accuratamente perquisita, rovistata e messa sotto-sopra per ore.
Alla ricerca soprattutto di computer e materiale informatico (pare invano).
La sua colpa, aver indagato con un reportage sul coinvolgimento di agenzie statali nel traffico degli stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione nella provincia curda di Hakkari (Colemêrg).
La giornalista abitava nel capoluogo del distretto di Yüksekova (Gever) e per sua fortuna in quel momento non si trovava in casa. Per cui ora è attivamente ricercata dalla polizia.
Recentemente Rabia Önver aveva pubblicato la terza puntata di “Guerra speciale a Colemêrg”, un’inchiesta sulle reti criminali protette da qualche settore dello Stato. Descrivendo come il consumo di droga venisse incoraggiato nelle province curde. Vecchia storia: succedeva negli USA per disgregare la comunità afro-americana all’epoca delle Pantere nere e nei paesi Baschi nel secolo scorso per distogliere i giovani dalla militanza abertzale (quando addirittura non si utilizzavano i traffici per finanziare le squadre della morte come con il GAL).
Inoltre Rabia Önver aveva raccolto testimonianze sul fatto che le giovani donne curde vengono spinte a prostituirsi.
Dal rapporto di CFWIJ si comprende come le giornaliste rimangano spesso intrappolate in battaglie giuridiche che durano anni, sottoposte a lunghe detenzioni in attesa di giudizio. Inoltre viene loro impedito di viaggiare e – ovviamente – di espatriare.
In particolare utilizzando la legislazione antiterrorista dato che più della metà dei procedimenti giudiziari si basa su accuse legate a presunto terrorismo. Tra le più gettonate anche “l’insulto alla nazione” o al presidente. Così come le denunce per diffamazione da parte di esponenti politici oggetto di inchieste giornalistiche.
In pratica ogni giornalista indipendente viene classificato come “estremista” e “criminale”.
Di solito le udienze si prolungano per anni, come una persecuzione, con nuove denunce e indagini che ripartono anche dopo l’assoluzione.
Una strategia deliberata per soffocare la stampa indipendente.
Gianni Sartori