Il digiuno nella Chiesa di Gesù

Tra le diverse contestazioni fatte a Gesù dai farisei del suo tempo, ne fu fatta una contro i Suoi discepoli che non praticavano la pratica del digiuno. Gesù pacatamente rispose: “Possono gli amici dello sposo far cordoglio finché lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.” (Matteo 9:15)

Astenersi dal mangiare è una pratica comune di molte religioni. Nelle religioni pagane e soprattutto nei riti di iniziazione, il digiuno era considerato un efficace metodo per entrare in contatto con la deità. Spesso invece veniva impiegato come manifestazione del lutto. Nell’ambito cristiano la Bibbia mostra che storicamente le prime chiese avevano gli apostoli abituati a prendere decisioni attraverso la preghiera ed il digiuno (Atti 13:2-3).

In precedenza, secondo lo spirito della legge mosaica, il digiuno non veniva considerato una pratica mistica per rendersi graditi a Dio. Piuttosto era un mezzo usato per esprimere la propria umiliazione, infatti Dio lo richiese all’uomo soltanto durante il giorno dell’espiazione (Levitico 16:29), come “umiliazione dell’anima”. Nelle altre citazioni dell’Antico Testamento il digiuno viene presentato come un atto spontaneo sempre accompagnato dalla preghiera. Nel Nuovo Testamento invece si trovano i farisei che ne avevano fatto un’opera meritoria stabilendo almeno due giorni di digiuno ogni settimana. Dell’applicazione di tale regola ne facevano un vanto con tale ostentazione che il Signore dovette riprenderli più volte pubblicamente.

Del digiuno si parla unicamente nei Vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca), se si escludono i due riferimenti contenuti in Atti 13:3 e 14:23, insieme a quelli autobiografici di Paolo (2 Corinzi 6:5 e 11:27).

Mentre Gesù era sulla terra i suoi seguaci godevano di una profonda amicizia con Lui nonostante avesse autorità su di loro (Giovanni 15:15). Durante il suo mandato terreno, il Signore predicava, guariva, cacciava demoni ma successivamente disse pure: “Quando vi mandai senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari, vi è forse mancato qualcosa?”. Essi risposero: “Niente”. Ed egli disse loro: “Ma ora, chi ha una borsa, la prenda; così pure una sacca; e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.” (Luca 22:35-36). Gesù con questo insegnamento anticipava che con la Sua dipartita, i suoi discepoli avrebbero avuto bisogno di una diversa preparazione. Il digiuno sarebbe stata una parte importante di questo nuovo periodo.

Cos’è il digiuno

Il digiuno biblico è da ritenersi come l’astensione dal cibo, non va generalizzato per intendere il privarsi di qualsiasi altra cosa o attività. La Scrittura lo presenta come l’astinenza totale da desideri carnali e naturali con il proposito di dedicare tempo a Dio e presentargli con la massima concentrazione e attenzione le proprie richieste. Parlando di digiuno biblico non si dovrebbe estendere il concetto citando ad esempio il digiuno dal gioco, dalle relazioni o dagli smartphone. Ovviamente se ne possono fare delle applicazioni spirituali, in quanto “prendersi una pausa” da qualcosa di utile che potrebbe aver iniziato a dominarci è cosa buona (1 Corinzi 6:12). Si tratta quindi di due insegnamenti diversi, il digiuno riguarda l’astensione dal cibo. Alcuni considerano digiuno anche l’astensione sessuale tra due coniugi secondo quanto esposto in 1 Corinzi 7:5 ma in effetti questa continenza non viene dall’apostolo ispirato chiamata letteralmente digiuno. Astenendosi dal cibo non si dovrebbe tra questi considerare l’acqua e salvo alcuni casi specifici in cui viene detto, la Bibbia mostra sempre un’assunzione abbondante d’acqua durante il digiuno. Qualsiasi alimento ingerito, liquido o solido, durante il digiuno rompe il digiuno, di conseguenza non si può più parlare di digiuni in quei casi bensì di dieta. Ecco perché chi digiuna deve astenersi dal prendere caffé, thé, tisane, gomme da masticare o altro di simile.

Rimanendo nell’ambito alimentare si deve anche tenere lontano il concetto di digiuno biblico dal digiuno per motivi di salute. Il credente non ubbidisce al Signore digiunando perché questo farà bene all’organismo. Il Signore non insegna il digiuno perché fa all’uomo fa bene depurarsi un poco o mantenersi in linea. Il digiuno non deve considerarsi parte delle pratiche per mantenere bene il tempio dello Spirito Santo. Digiunando il credente decide consapevolmente di privare il corpo di qualcosa di necessario per il sostentamento. Mentre il corpo richiede il cibo per sostentamento, il cuore e la mente si oppongono perché focalizzano ogni sforzo verso Dio. Dio così diventa l’unica risorsa di forze spirituali durante il digiuno. Ovviamente il Signore non richiede un impegno eccessivo come un digiuno che possa portare il credente ad avere ripercussioni fisiche importanti. Ogni cosa che il Signore chiede deve esser fatta in equilibrio ed umiltà. L’umiltà è la caratteristica fondamentale per praticare il digiuno. A questo proposito la Scrittura insegna che non è necessario fare del digiuno un vanto o renderlo noto agli altri (Matteo 6:17-18).

Alcuni esempi biblici

Mosè mostra l’aspettare risposte da Dio con quaranta giorni di digiuno (Deuteronomio 9). Digiunò per ricevere la divina rivelazione dei Suoi comandamenti, sottolineando così quanto per lui fosse importante ricevere da Dio un messaggio chiaro, avere da Lui risposte e indicazioni. In particolare lo troviamo sul monte con Dio per ricevere le due tavole della legge. Disceso dal monte con le tavole, scoprì Israele in ribellione contro Dio, adorante un vitello d’oro. Mosè distrusse l’idolo e implorò Dio di non distruggere il Suo popolo come aveva dichiarato. Mosè aveva ricevuto l’ordine chiaro di non intercedere domandando misericordia per il popolo d’Israele. Eppure Mosè non lasciò Dio e per 40 giorni persistette intercedendo a Dio per il popolo. L’Eterno cedette alla sua petizione fatta con digiuno e preghiera costanti.

Alcuni re crudeli della storia di Israele, destinati alla distruzione, ricevettero grazia attraverso il digiuno (1 Re 21:29). Questo passaggio non insegna che con il digiuno fecero cambiare idea a Dio. Insegna invece che il digiuno può essere un segno tangibile di umiltà e sottomissione a Dio, mostrando così la sincerità del proprio pentimento e ravvedimento.

Anche la città di Ninive digiunò come segno di ravvedimento dopo aver udito il giudizio di Dio predicato dal profeta Giona. Digiunarono tutti gli abitanti di Ninive e misero a digiuno perfino i loro animali! Anche in questo caso il digiuno fu lo strumento utilizzato dagli uomini per mostrare il loro pentimento e l’umiliazione dinnanzi a Dio. Di conseguenza Dio decise di rimanere clemente e non mettere in atto quanto aveva minacciato (Giona 3:10).

Un altro caso di digiuno che mostra l’uso del digiuno nel popolo di Dio riguarda Esdra (Esdra 8). Esdra fu scelto da Dio per dirigere il ritorno del popolo d’Israele in cattività a Babilonia verso Gerusalemme. Il popolo attraversò i domini del re arrivando alla frontiera: un terribile deserto infestato di banditi e di ladri. Essendo completamente disarmati decretarono un periodo di digiuno. Migliaia di uomini, donne e bambini completamente disarmati. Furono caricati di grandi ricchezze e tesori, un gruppo inoffensivo, pronti a dare ai banditi un banchetto di ricchezze. Digiunarono e la potenza di Dio fu sparsa su loro tanto da arrivare a destinazione salvi.

Nel primo capitolo del suo libro, Neemia si mostra nell’atto di pregare e digiunare a causa delle mura abbattute della sua città. Come risultato della sua preghiera e digiuno Dio toccò il cuore del re e lo inviò a Gerusalemme per edificare le mura distrutte della città. Anche quest’uomo ottenne la risposta di Dio per mezzo del digiuno.

Nel libro di Ester si legge che il re, senza sapere che Ester fosse ebrea, la scelse come regina del regno. Uno dei servi del re di nome Haman, uomo crudele che odiava gli Israeliti, cospirò contro di essi ed ottenne un decreto per la loro distruzione. Venendo a conoscenza di questa azione malvagia, Mardocheo, parente e guardiano della regina, comprese che Dio l’avesse scelta e portata fino alla corte del re proprio per ottenere la possibilità di intercedere presso il sovrano e andare contro questo fatale decreto. Ester però non aveva la libertà di presentarsi dal re senza che questi l’avesse convocata, pena la morte. Ma lo zio Mardocheo le fece notare che con il malvagio decreto di Haman ella sarebbe morta comunque in quanto ebrea. Fu così che Ester, sapendo di dover rischiare la vita chiese allo zio che lui e tutti i giudei digiunassero insieme a lei e le sue damigelle di corte. Per tre giorni avrebbero tutti digiunato e al termine di questo periodo Ester avrebbe violato la legge e si sarebbe presentata dal re pronta ad incontrare la morte (Ester 4:16). Il risultato di questo digiuno generale fu positivo. Il libro di Ester non cita direttamente l’opera di Dio e non dice nulla di come Egli muovesse le fila. Ma ciò che si comprende è che Ester fu ben accetta dal re e ottenne grazia e gli eventi si mossero in favore di Ester, Mardocheo e tutti i giudei. Allo stesso tempo, Haman morì ucciso proprio nel modo che egli aveva destinato a Mardocheo. L’opera di Dio dietro le quinte è più che evidente.

Nel libro di Gioele il profeta afferma che quando i tempi sono disperati Dio stesso esorta il Suo popolo a cercare il Suo aiuto, e cita anche in quale maniera farlo: “Nondimeno, anche adesso, dice il SIGNORE, tornate a me con tutto il vostro cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti! Stracciatevi il cuore, non le vesti; tornate al SIGNORE, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira e pieno di bontà, si pente del male che manda…” (Gioele 2:12-13).

Il profeta Isaia ricevette da Dio dei motivi per digiunare: “Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?” (Isaia 58:6-7). In questo passaggio Dio stesso in persona non sta annullando l’astinenza dal cibo, ma ne sta sottolineando l’insufficienza della pratica fine a sé stessa. In queste parole infatti Dio non fa cenno ad escludere l’astinenza dal cibo, ma aggiunge al contrario cosa Egli richiede affinché il digiuno gli sia gradito.

In effetti Gesù stesso affermerà questo stesso principio in più occasioni (Matteo 6:1; Matteo 6:16). La terminologia usata da Dio inoltre fa eco alle parole di Gesù. Ad Isaia infatti Dio parla di spezzare ogni tipo di giogo e Gesù farà riferimento al proprio giogo. insegnando che non vi sono vincoli o pratiche da dover seguire pesantemente per piacere a Dio, ma piuttosto bisognerà seguire il Suo esempio. Si tratta quindi della condanna di ogni forma di pratica rituale che abbia fini meritori dinnanzi a Dio o di auto-proclamazione dinnanzi agli uomini (Matteo 11:29-30; Matteo 23:4). Anche Gesù passò per il digiuno. In questo caso il Signore passò dal digiuno per prepararsi al Suo ministero terreno ed in quel lungo periodo sopportò la tentazione. Parlando di digiuno, il Signore spiegò che esistono sfere della vita che non potranno mai essere realizzate senza passare per una preghiera accompagnata dal digiuno (Matteo 17:21). Gesù insegnava che il digiuno era un attività necessaria in alcuni casi ma non la ordinò mai esplicitamente come una pratica da effettuare sistematicamente. Forse dava per scontato che si facesse “a necessità”, disse infatti “quando digiunate” e non “se digiunate” (Matteo 6:16).

Nel libro degli Atti degli apostoli esistono soltanto due riferimenti al digiuno. In Antiochia di Siria“mentre celebravano il servizio al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: ‘Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati’. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono” (Atti 13:1-3). Un testo molto chiaro che riproduce una forma di celebrazione del culto al Signore in una delle prime comunità cristiane. La chiesa si riunì per conoscere la volontà di Dio in merito all’adempimento del Suo programma. L’idea che viene trasmessa è che i credenti sembravano aver deciso di passare la giornata in preghiera fin quando non avessero ottenuto risposta. Considerando il loro interesse primario, consacrare appieno la loro vita al Signore e attendere da Lui istruzioni, i credenti non interruppero la preghiera per pensare al cibo e rimasero uniti nell’adorazione e nella comunione con Dio. Dio accolse questo sentimento e si manifestò esprimendo la Sua volontà attraverso un carisma dello Spirito Santo che confermò ciò che già Paolo e Barnaba sentivano in cuore. Ottenuta la risposta, la comunità rimane ancora davanti al Signore in preghiera fino a che lo Spirito Santo non conferma a ciascuno ciò che aveva precedentemente comunicato a tutti. Solo dopo tutto questo, attraverso l’impostazione delle mani, la particolare vocazione di Paolo e di Barnaba viene riconosciuta e la chiesa si impegnerà a sostenerli spiritualmente, moralmente e materialmente. In questo passaggio non si trova alcun riferimento al digiuno, come mortificazione del corpo o come particolare opera meritoria spinga Dio a rispondere “per dovere”. Si trova al contrario un principio della priorità: la risposta di Dio era più importante del nutrirsi stesso.

A Listra, Iacono ed Antochia di Pisidia: “Fatti eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore…” (Atti 14:23). Questo caso sembra riecheggiare il precedente ed è usato non come mezzo per avvicinarsi di più a Dio, ma unicamente per dimostrare la fondamentale importanza che hanno le cose di Dio rispetto alle necessità quotidiane della vita.

Non si hanno testi biblici di cristiani che si siano sottoposti volontariamente al digiuno. Sembrano praticarlo quasi inconsapevolmente, quando credono di dover trascorrere un periodo di preghiera senza essere interrotti da pensieri secondari. Dando spazio e tempo alle cose più importanti, quasi automaticamente, con grande semplicità e senza ostentazione, si astengono dal partecipare alla mensa perché può rappresentare una distrazione dallo scopo che si sono prefissi. Quindi, non si tratta di una ingiunzione con carattere di limitazione, privazione, penitenza o rinuncia, ma è espressione di uno spontaneo sentimento rivolto a fare posto alle cose più importanti.

Aspetti lessicali

Nel Nuovo Testamento i termini “digiuno” e “digiunare” appaiono 27 volte. Gesù presenta il tema del digiuno sotto una luce diversa da quella che tradizionalmente oggi si tende a dare a questa pratica. Egli disse: “Possono gli amici dello Sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro?” (Marco 2:19; Matteo 9:15-16; Luca 5:34). La presenza dello Sposo, Cristo Gesù, e l’annuncio dell’Evangelo escludono totalmente ogni possibile valore meritorio attribuibile al digiuno. I credenti salvati per grazie mediante la fede sono entrati in una nuova era, generalmente identificata come dispensazione della grazia. In questa era, le privazioni e le rinunce non sono certamente il mezzo per metter i credenti in contatto con Dio. Questi sono sempre in comunione col loro Padre per l’opera perfetta di Cristo e l’azione dello Spirito Santo. Nel restante, nei testi neotestamentari vi è una testimonianza continua dell’importanza del digiuno e della preghiera sia nella vita e nell’insegnamento di Gesù, sia in quella dei suoi primi discepoli.

Una pratica ancora attuale o non più necessaria?

Come è stato esposto fino ad adesso, i testi del Nuovo Testamento in cui perfino il Signore Gesù parla del digiuno, sottolineano l’importanza del praticare il digiuno durante periodi di preghiera per scopi anche miracolosi (Matteo 17:21). Ma il credente di oggi, ripieno dello Spirito di Dio, dovrebbe ricorrere al digiuno per ricevere maggiore potenza per scacciare i demoni? Nel passaggio citato, certamente Gesù si riferiva ad una certa categoria di demoni che per esser scacciati bisognava ricorrere alla preghiera ed al digiuno. Gesù si riferiva a casi particolarmente difficili e questo restringe di molto la necessità di ricorrere al digiuno per opere miracolose. Il passo parallelo (Marco 9:29) pur menzionando lo stesso episodio non cita il digiuno come arma necessaria per la liberazione. Queste considerazioni hanno portato alcuni studiosi ad analizzare tutti i casi di possessione demoniaca incontrati dalla chiesa primitiva, notando che mai in tutta l’esperienza apostolica si sia trovato un caso simile a quello del fanciullo lunatico, dove per la liberazione fosse necessario pregare e digiunare, applicando l’ordine di Gesù.

Questa analisi suggerisce l’idea che nella chiesa apostolica (quindi al modello biblico cui i credenti pentecostali si ispirano), il digiuno non debba esser più praticato, in virtù della potenza che viene dall’alto promessa da Gesù Cristo (Atti 1:8). La dichiarazione del testo evangelico in questione (Matteo 17:21) è infatti precedente al Grande Mandato dato da Gesù ai discepoli (Marco 16:17) ove non si accenna assolutamente al digiuno. Questo renderebbe la pratica del digiuno non necessaria “soltanto” per i casi di liberazione, ma rimane una pratica utile per motivi di consacrazione personale. L’evidenza delle liberazioni operate dai discepoli/apostoli senza la necessità di un digiuno viene presentata da questi passi:

  • A Gerusalemme le mani degli apostoli operavano fra il popolo compiendo segni e prodigi (Atti 5:16). Dal contesto è evidente che la liberazione si verifica quando veniva ordinato ai demoni di lasciare l’individuo nel nome di Gesù;
  • A Samaria, tutti prestavano attenzione alle cose dette da Filippo vedendo anche i miracoli che faceva: gli spiriti immondi uscivano da quelli che li avevano (Atti 8:6-7). Anche qui non si parla di preghiera e digiuno, ma viene rilevato l’immediato intervento della potenza di Dio.
  • A Filippi c’era una fanciulla che aveva uno spirito di divinazione e attraverso di esso procurava molto guadagno ai suoi padroni. Iniziò a seguire Paolo che infastidito si voltò comandò allo Spirito di liberarla e così avvenne istantaneamente (Atti 16:16-18).
  • Ad Efeso, come per gli altri casi citati, gli spiriti maligni uscivano dalle loro vittime attraverso le mani imposte degli apostoli e di Paolo in particolare (Atti 19:11-12). Addirittura si citano degli esorcisti giudei che tentarono di invocare il nome del Signore Gesù per liberare i poveri indemoniati, ma con spiacevoli risultati (Atti 19:13).

Questi casi testimoniano che la pratica della prima chiesa cristiana era quella di scacciare gli spiriti maligni nel nome di Gesù e non attraverso la preghiera e il digiuno. Questo cambiamento potrebbe essere attribuibile alla potenza dello Spirito Santo che fu data loro e che in precedenza, quando furono mandati a guarire durante il ministero di Gesù, non era disponibile. L’ipotesi che il digiuno non sia più necessario con l’effusione dello Spirito Santo sui credenti sembra teologicamente plausibile ed inserisce le parole di Gesù all’interno di una dispensazione differente (prima della Sua morte di fatto, si è ancora sotto la legge e non nell’era della grazia). Allo stesso tempo è necessario ricordare che il Signore onora sempre e principalmente la fede semplice dei credenti. Per questo è accettabile che molti credenti possano esser stati liberati o aver ottenuto liberazione da legami e possessioni demoniache grazie alla preghiera ed al digiuno esercitati ponendo fede sulla promessa di Gesù.

I motivi per digiunare

Come per tutte le cose che il Signore ha insegnato o comandato, c’è una maniera corretta di farle ed anche una maniera scorretta. I motivi per iniziare un digiuno devono essere quelli giusti. Trattandosi di un’attività spirituale non basta astenersi dal cibo per praticare un buon digiuno. Il digiuno biblico veniva praticato ad esempio per prepararsi all’incontro con Dio. Daniele che si dispose “alla preghiera e alle supplicazioni, col digiuno, col sacco e con la cenere” (Daniele 9:3). Si digiunava anche quando si era tormentati da gravi problemi. Davide “fece supplicazioni … e digiunò” (2 Samuele 12:16). Oppure in una circostanza luttuosa (2 Samuele 1:12) o ancora quando si era in presenza di grandi pericoli nazionali, come Giosafat ed il popolo che dinanzi alla guerra incombente “si disposero a cercare l’Eterno, e bandì un digiuno…” (2 Cronache 20:3).

Più di questo, la Scrittura ci presenta il già citato Isaia 58, dove per i primi 5 versi viene esposta prima la modalità errata nell’affrontare il digiuno, poi viene presentata la modalità corretta e quali di questa saranno poi i benefici. Se il motivo del digiuno è cuore pieno d’amore per la salvezza delle anime, allora Dio Si manifesterà rispondendo al digiuno. Parallelamente aumenteranno l’intensità del digiuno e della preghiera. Si può pregare per chiedere a Dio di spezzare le catene della malvagità, sciogliere i legami del giogo, liberare gli oppressi e infrangere ogni sorta di giogo.

Gesù cominciò il Suo ministero con quaranta giorni di digiuno e preghiera. Durante questo periodo fu attaccato, tentato dal nemico. Gesù si preparò all’attacco in digiunando e pregando, l’arma della Sua difesa fu la conoscenza della Parola scritta di Dio ed una corretta interpretazione di questa! In un altra occasione Gesù affermò che la liberazione da certi tipi di demoni può avvenire soltanto per mezzo del digiuno e della preghiera (Matteo 17:21). Non solamente preghiera, non soltanto digiuno ma preghiera e digiuno insieme. Matteo 6 espone come deve essere fatto il digiuno in modo corretto, evitando di sbagliare (nell’aspettativa, nelle modalità, nel principio).

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Non c’è potenza nel digiuno in sé, la potenza è in Dio. Digiunare è soltanto una maniera di obbedire e di presentare la propria vita in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio affinché Egli possa fare nel credente ciò che non avrebbe potuto ottenere in un’altra maniera. Questo punto fa comprendere perché questa pratica venisse iniziata da coloro che desideravano servire il Signore (Atti 13:1-3).

Come digiunare

La Bibbia mostra diversi esempi di digiuno. Oltre al già citato digiuno in comune, come può avvenire tra due o più credenti che si accordano, vi è un digiuno efficace, e cioè quello di un credente che decide di isolarsi con Dio e pregare ferventemente (Isaia 58). Si tratta di un periodo in cui il credente scruta profondamente e con sincerità le Scritture e chiede a Dio di parlare al proprio cuore. La Bibbia non insegna ad abbandonare le proprie attività secolari per digiunare, né di abbandonare gli incontri comunitari. Eccessi fatti in questo senso, in passato hanno prodotto gli effetti contrari di quelli sperati, alimentando l’attuale sensazione di dissenso e diffidenza nei confronti di questa pratica. Il digiuno deve essere vissuto come un periodo di serenità. Il credente deve poter pregare Dio e concentrarsi per le proprie necessità e non deve sentirsi disturbato dal senso di fame. Che senso avrebbe digiunare per dedicarsi alla preghiera per poi trovarsi a combattere mentalmente contro i morsi della fame? L’apostolo Paolo infatti fa distinzione tra il soffrire la fame e il digiuno (2 Corinzi 11:27). Per l’apostolo “fatiche e pene nella fame e nella sete” sono momenti diversi dalle fatiche “nei digiuni”. Due cose slegate che non ci permettono di affermare che chi digiuna soffre la fame. Sarebbe inoltre contraddittorio rivolgersi in preghiera digiunando e soffrendo ad un Dio che dice che desidera il nostro bene e non la nostra sofferenza: “Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda buona salute, come prospera l’anima tua” (3 Giovanni 1:2).

La durata di un digiuno

La Bibbia non espone una durata su quanto un digiuno dovrebbe durare. Alcuni credono che a seconda delle necessità, in preghiera si potrebbe chiedere direttamente a Dio quanto il digiuno debba durare. Per quanto questa idea abbia un suo senso spirituale, rimane il fatto che il Signore non l’ho ha mai specificato esplicitamente. Ha senso quindi lasciare una forma di libertà, laddove questa rispetti gli esempi biblici e tenga conto della necessaria guida dello Spirito. Il credente è chiamato a santificarsi e rendere il proprio cuore sensibile ad ascoltare la voce dello Spirito. Si può decidere di digiunare per un solo pasto, per un giorno intero o per tre. Attenzione a non cadere nell’idea errata che non essendo esplicitata una regola precisa, tutto sia lecito. “Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla” (1 Corinzi 6:12) è il principio che deve guidare anche questa pratica spirituale. Non bisogna lasciarsi dominare da questa pratica credendo che il protrarla ad oltranza produca dei risultati e forzi la mano di Dio. Non avere una regola scritta sulla durata non mette il credente nelle condizioni di una libertà incondizionata. Al contrario sarà lo stesso rapporto con il Signore a stabilire un equilibrio. Elementi come la propria necessità e l’importanza data alla richiesta di digiuno, deve influenzarne la durata senza eccessi che potrebbero intaccare negativamente la salute del credente, in quanto il corpo rimane il tempio dello Spirito Santo e come tale va curato.

La chiesa del primo secolo viveva con la stessa naturalezza anche il digiuno (Atti 13:1-2). In questo caso si trovano cinque persone a pregare  insieme il Signore, digiunando e lo Spirito Santo disse loro: “Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”. Non viene specificato quanto tempo passarono in questa preghiera (ore? giorni? settimane?). Dati storici extra biblici testimoniano che durante i primi due secoli di storia cristiana, i credenti digiunavano regolarmente due giorni a settimana, martedì e venerdì.

Gli effetti del digiuno

L’effetto del digiuno biblico non ha come effetto l’accettazione della propria richiesta da parte di Dio. Il digiuno non costringerà Dio a fare ciò che il credente desidera. Piuttosto il digiuno produrrà nel credente una maggiore comunione con Dio e quindi l’affinamento dei sensi spirituali per ascoltare la voce di Dio. Nella Bibbia emerge che chi pratica il digiuno, eleva la propria fede in Dio e permettere così a Dio di operare su di lui o attraverso di lui come non si sarebbe potuto fare in un’altra maniera.

Nel contesto pentecostale capita di sentir credenti affermare che il digiuno vada iniziato solo dopo che il Signore ne abbia dato l’impulso. Un atteggiamento che spesso si presenta anche parlando della preghiera: “prego quando lo sento come una richiesta da parte di Dio”. Questo atteggiamento però non è conforme alla disciplina che ogni credente dovrebbe avere nell’organizzare la propria vita spirituale. Come mai per le cose naturali che interessano si riesce ad organizzare facilmente in modo sistematico (ci si alza ad una certa ora, si mangia tre volte al giorno e alla stessa ora, etc) mentre invece per le cose che riguardano Dio, si lascia l’organizzazione al caso? Nella Scrittura i credenti vengono chiamati a vivere l’intera loro vita come un culto a Dio. La testimonianza di un cristiano deve parlare di ordine spirituale che si manifesta in una vita semplice, ordinata (ed anche ordinaria!) quanto potente. Dio desidera che i credenti tengano ogni aspetto della loro vita secolare in ordine, in quanto segno di un’altrettanto ordinata vita spirituale.  Preghiera, lettura e studio della Parola, dovrebbero essere attività quotidiane per il credente perché queste sono l’alimentazione dello spirito di ciascun cristiano. La costanza con il quale ci si applica a queste attività rende sensibili alla voce di Dio, migliora la relazione con Dio perché lo si conosce ogni giorno di più.

Nell’esempio citato in precedenza (Atti 13:1-2) la preghiera con digiuno produce la risposta di Dio alle loro preghiere. Il digiuno aumenta la fede del credente (Matteo 17:19-21) perché questi offre, dedica più tempo per a Dio appartandosi in preghiera (1 Corinzi 7:5). Durante il digiuno emergono le debolezze del credente, ed i desideri più profondi e nascosti emergono e si rivelano (Colossesi 3:5). Per questo motivo il digiuno è da considerarsi come parte integrante della consacrazione personale a Dio. Per questo motivo il Signore Gesù parlò di digiuno in relazione alle preghiere di guarigione e liberazione dei malati o degli oppressi (Matteo 12:29).

https://teologiapentecostale.wordpress.com/2017/02/08/il-digiuno-nella-chiesa-di-gesu/#more-7183

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