La Corte Suprema della Georgia, negli Stati Uniti, ha confermato la legge statale sul battito cardiaco che ha protetto migliaia di bambini dagli aborti.
Con una grande vittoria per la vita, la Corte Suprema della Georgia ha confermato il Living Infants Fairness and Equality (LIFE) Act, la protezione del battito cardiaco firmata in legge nel 2019 dal governatore Brian Kemp.
La più alta corte dello stato ha infatti respinto la sentenza di un tribunale di grado inferiore secondo cui la legge sul battito cardiaco non era valida. Il giudice della Corte superiore della contea di Fulton, Robert McBurney, aveva stabilito che la legge era incostituzionale.
«Come spiega l’opinione della maggioranza, “la Costituzione degli Stati Uniti, non la Corte Suprema degli Stati Uniti”, è la fonte del significato della Costituzione; la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha il potere di modificare la Costituzione attraverso l’interpretazione; e il testo della Costituzione degli Stati Uniti non è stato modificato da quando è entrato in vigore il LIFE Act’”» ha scritto la corte, confermando così la legge.
Ci auguriamo che questa importante vittoria americana possa essere d’esempio per il nostro Paese, dove proprio in queste settimane – e fino al prossimo 7 novembre – si sta firmando la proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte”. La proposta italiana, infatti, vuole introdurre il comma 1-bis all’articolo 14 della Legge 194/78, contenente “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. La proposta vuole aggiungere che: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza” ai sensi della legge, “è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”.
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