La povertà trascina il Nepal nella piaga dell’Aids

NEPAL_aids_(600_x_399)I nepalesi che lavorano all’estero contraggono il virus tramite rapporti sessuali non protetti e lo trasmettono alle proprie mogli una volta rientrati in patria. Con la povertà, aumenta anche la percentuale di malati di Hiv: la maggior parte di questi sono donne e bambini. Un operatore sanitario: “In alcuni distretti quasi la metà della popolazione è malata”.

Kathmandu (AsiaNews) – Il profondo stato di povertà in cui versa il Nepal occidentale continua ad incrementare la diffusione dell’Aids tra la popolazione. Nei distretti di Achham, Baitadi, Dadeldhura e Bajhang il virus dell’Hiv affligge ormai migliaia di persone: donne e bambini sono le vittime più esposte al contagio.

Secondo le cifre divulgate dal Comitato di coordinamento contro l’Aids (Dacc), almeno 70 centri abitati dei 75 presenti nel distretto di Achham riportano casi accertati di contagio. “Si tratta di episodi complessi – spiega Mohan Khadka, coordinatore del Comitato – quando gli uomini soffrono di questa malattia spesso trasmettono il virus anche alle proprie mogli e ai propri figli”.

Il distretto di Achham conta una popolazione di circa 257mila abitanti. Su invito del Dacc, 57mila di questi hanno acconsentito a compiere regolari esami del sangue e 1.325 sono risultati sieropositivi. I rimanenti 200mila hanno invece rifiutato di sottoporsi alle analisi o hanno preferito svolgerle nelle strutture ospedaliere di altri distretti.

“Se tutta la popolazione locale si facesse esaminare, quasi la metà risulterebbe malata – ha spiegato Khadka –  La complessità del problema deriva dal fatto che quando gli uomini sono malati, spesso li sono anche le rispettive mogli e i figli. In tal modo, il numero dei casi accertati è di molto inferiore rispetto a quelli non registrati”.

Il rischio maggiore è rappresentato infatti dai migranti nepalesi che espatriano per cercare lavoro in India; hanno rapporti sessuali non protetti con le prostitute indiane e una volta tornati a casa contagiano le proprie mogli. “Mio marito era malato di Aids ed è morto un anno fa – racconta ad AsiaNews Jase Lawad, 30enne e madre di quattro figli – era andato in India a cercare lavoro e lì ha avuto rapporti non protetti con prostitute e altre donne. Una volta tornato a casa ha trasmesso il virus a me e ai nostri figli”.

“Tentiamo di suggerire alle donne i cui mariti lavorano in India e all’estero di effettuare regolari esami del sangue, ma non vogliono sottoporsi alle analisi negli ospedali locali per paura di essere emarginate dalla società – spiega Madan Bhatta, cooridnatore del Dacc – preferiscono recarsi in altri distretti per ricercare maggiore privacy”.

Pravin Mashra, Capo segretario del ministero della Sanità e della Popolazione, ammette la drammaticità del problema e garantisce che “il governo sta lavorando al fine di sensibilizzare i cittadini e garantire un’adeguata fornitura di medicinali”. Intanto, le comunità cattoliche del Nepal affiancano l’impegno delle Ong allestendo centri gratuiti per la cura e la riabilitazione dei malati in molte città del Paese.

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