I corpi di almeno 87 persone uccise presumibilmente dalle Forze di supporto rapido (Rsf) sono stati scoperti in una fossa comune nel Darfur, in Sudan. Lo ha denunciato l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che cita fonti affidabili secondo le quali i cadaveri sono stati gettati in una fossa poco profonda situata appena fuori dalla città di El Geneina, capitale dello Stato sudanese del Darfur occidentale al centro di violenze di cui sono ritenute responsabili le Rsf ai danni dei membri di tribù non arabe residenti nella zona. Secondo la fonte, i primi 37 corpi sono stati sepolti lo scorso 20 giugno, mentre il giorno successivo altri 50 sono stati scaricati nella stessa fossa. Fra le vittime si contano sette donne ed altrettanti bambini. Dopo lo scoppio della guerra a Khartum fra l’esercito regolare e le Rsf, il Darfur è diventato l’epicentro del conflitto. Le Rsf e le milizie alleate si sono scatenate in particolare nel Darfur occidentale, costringendo migliaia di persone a fuggire dalle loro case e cercare rifugio altrove, in molti nel vicino Ciad. Il governo dell’ex dittatore Omar al-Bashir, caduto nell’aprile del 2019 dopo settimane di proteste di piazza, è stato accusato di aver effettuato rappresaglie armando le tribù arabe nomadi locali, note come Janjaweed, che hanno preso di mira i civili. Molti di questi combattenti hanno integrato poi le Rsf.
La notizia segue di poche ore quella relativa all’uccisione di altre 97 persone durante un raid compiuto dalle Rsf nella città di Misterei, sempre nel Darfur occidentale. A denunciare il massacro, risalente al 28 maggio, è stata l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw) in un rapporto pubblicato ieri, nel quale si aggiunge che i miliziani e i loro alleati hanno giustiziato sommariamente almeno 28 persone di etnia masalit e ferito decine di civili, mentre la città è stata messa a ferro e fuoco. Secondo la fonte, diverse migliaia di combattenti delle Rsf – la forza militare indipendente che è in conflitto armato con l’esercito sudanese dal 15 aprile scorso – e le milizie arabe hanno attaccato la città di Misterei, che ospita decine di migliaia di residenti prevalentemente di etnia masalit. Gli assalitori – denuncia Hrw – hanno ucciso uomini nelle loro case, per strada o nascosti, e hanno sparato sui residenti in fuga, uccidendo e ferendo donne e ferendo bambini. Gli assalitori hanno poi saccheggiato e bruciato la maggior parte della città, costringendo migliaia di residenti a fuggire attraverso il confine verso il Ciad. “Da quando è scoppiato il conflitto in Sudan, ad aprile, alcune delle peggiori atrocità si sono verificate nel Darfur occidentale”, ha affermato Jean-Baptiste Gallopin, ricercatore senior di crisi e conflitti presso Human Rights Watch. “Le uccisioni di massa di civili e la distruzione totale della città di Misterei dimostrano la necessità di una risposta internazionale più forte all’ampliamento del conflitto”, ha aggiunto. Hrw invita quindi le parti in guerra del Sudan a smettere di attaccare i civili e consentire un accesso sicuro agli aiuti e chiede all’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) di indagare su questi attacchi come parte della sua indagine sul Darfur.
Dallo scoppio del conflitto ad aprile, secondo le Nazioni Unite , oltre 300 mila persone sono state sfollate nel solo Darfur occidentale e circa 217 mila sono fuggite in Ciad. Circa il 98 per cento delle persone registrate che arrivano in Ciad sono membri della comunità masalit. Circa 17 mila rifugiati di Misterei rimangono invece a Gongour, in Ciad, vicino al confine. Le operazioni di soccorso si sono in gran parte interrotte alla fine di aprile nel Darfur occidentale a seguito di attacchi agli aiuti umanitari e alle proprietà, nonché alla diffusa insicurezza nella regione. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, afferma Human Rights Watch, dovrebbe chiedere un accesso umanitario immediato, sicuro e senza ostacoli in tutto il Darfur e i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, gli altri governi, l’Unione europea e l’Unione africana dovrebbero urgentemente adottare e applicare sanzioni mirate contro i responsabili di gravi abusi, indipendentemente dalla loro posizione o grado.
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