di Agostino Masdea – Viviamo nell’era del digitale. Tutti siamo connessi. La rete, i social, i programmi di messaggistica consentono uno scambio virtuale di notizie, opinioni, auguri, amicizie e quant’altro. Se poi ci si viene a trovare in una zona morta, dove “non c’è campo”, oppure si dimentica il telefonino a casa, apriti cielo, è panico totale. Sebbene la tecnologia presenti molti vantaggi, a mio parere stiamo correndo il pericolo di rendere tutto virtuale, i rapporti interpersonali, il modo di vivere, e persino la vita spirituale.
Senza entrare nello specifico degli aspetti positivi o di quelli negativi che il fenomeno sociale comporta, spero che come credenti continueremo ad apprezzare la reale comunione fraterna, sia oggi, in tempo di coronavirus, che soprattutto quando il mondo, e la chiesa, potranno tornare a vivere nella normalità.
Quando il salmista scrisse il Salmo 133, non esisteva la rete, e il solo tipo di comunione fraterna era quello reale, “di presenza”. Anche noi dobbiamo essere connessi: prima di tutto con il Signore, poi con la Sua Parola e anche con i nostri fratelli. Come credenti non ci incontriamo solo perché condividiamo alcuni valori, come la fede, lo stare insieme, gli interessi comuni o altro. Abbiamo invece la consapevolezza che la nostra comunione fraterna è un bene che ha una dimensione soprannaturale, in Cristo. Il Salmo 133 ci aiuta a scoprirla.
Nel verso iniziale abbiamo una dichiarazione su quanto sia preziosa la vera unità. Per illustrarla il salmista usa la similitudine di due beni indispensabili per Israele: l’olio dell’unzione e la rugiada del monte Hermon. Il verbo più usato in questo salmo è “scende”. Per tre volte. Suggerisce l’idea che è dall’alto che arriva questa fantastica benedizione sui credenti. È il Signore la fonte di ogni benedizione. Egli la fa scendere sui Suoi figli, quando essi vivono nell’unità. “Benedetto sia Dio…, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale”. Efesini 1:3
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