PER COMBATTERE L’OPPOSIZIONE CURDA L’IRAN POTREBBE INVADERE L’IRAQ

Prendendo a modello l’astuto Erdogan con  la sua “geopolitica del serpente” (che sembra raccogliere simpatie anche tra i nostrani “euroasiatici” alias rosso-bruni), Teheran potrebbe emulare Ankara. Del resto, anche quando Turchia e Iran erano in contrasto su quasi tutto, su una cosa concordavano: togliere di mezzo la resistenza curda, magari sterminando la popolazione (curda) stessa.

Se finora poteva persistere una certa comprensione per gli eredi della legittima ribellione antimperialista del 1979 (poi comunque presto degenerata in teocrazia), di sicuro negli ultimi mesi ogni speranza di rinnovamento per l’Iran odierno è andata a ramengo.

Pur nella consapevolezza che le rivolte iniziate nel Rojhilat e da qui estese in tutto il paese (in particolare nel Belucistan) potrebbero venir dirottate, strumentalizzate (per esempio dai nostalgici del regime monarchico o più semplicemente dalla CIA), è evidente che così non poteva continuare. Soprattutto per le popolazioni minorizzate come i Curdi e i Beluci. Ed è appunto contro i dissidenti curdi, i partiti dell’opposizione rifugiati in Iraq  che potrebbe scattare l’ulteriore rappresaglia del regime. Prendendo a modello le operazioni turche in atto nel nord della Siria (Rojava) e dell’Iraq (Bashur).

In questi giorni il regime iraniano ha posizionato oltre 700 (settecento!) veicoli militari alla frontiera con l’Iraq. Solo una minaccia o il preludio all’invasione vera e propria, via terra? Stando a quanto denunciava l’Ong Hengaw, centinaia di blindati iraniani si trovano attualmente parcheggiati nelle città di Piranshahr, Oshnovieh e Sardasht, in prossimità del confine.

Un innalzamento del livello dello scontro contro le organizzazioni curdo-iraniane che già vengono regolarmente bombardate dall’inizio delle manifestazioni. Inevitabile pensare ad un’azione combinata, simultanea e convergente (come una tenaglia) tra Ankara e Teheran.

Una stessa logica genocida che nel nord della Siria assume i tratti di una vera e propria sostituzione etnica. Appare infatti scontata l’intenzione di Erdogan di esportare i rifugiati siriani attualmente in Turchia nei territori curdi una volta che siano stato “ripuliti” e svuotati.

Prevedendo forse quanto stava accadendo alcuni associazioni curde avevano lanciato due campagne di tweets (#Noflyzone4Kurdistan_Iran e #TurkeyAttacksRojava). Chiedendo alle Nazioni Unite di chiudere gli spazi aerei siriano e iraniano proprio per fermare l’invasione del Rojava in corso e bloccare sul nascere la possibile invasione dell’Iraq.

Gianni Sartori


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