Chi si occupa da anni di studiare il rapporto tra l’etica ebraica e quella vegetariana è Rav David Rosen, già rabbino capo d’Irlanda e oggi responsabile per il dialogo interreligioso del Comitato Ebraico Americano. Ha spiegato che “preservare il creato” evitando di mangiare carne è inteso da alcuni rabbini come il massimo gesto per seguire i precetti della Torah. Ha ricordato che “queste idee non sono nuove,” poiché altri celebri rabbini del ‘900, come Rav Abraham Kook e Rav Joseph Soloveitchik, le hanno formulate nel corso dei decenni. A ciò si aggiunge il fatto che nel Gan Eden non si mangiavano animali, e pertanto uno stile di vita vegetariano richiama una visione ideale del mondo.
Anche Rav Ronen Lubitch, presidente dell’associazione religiosa israeliana Ne’emanei Torah Va’Avodah, ha fatto notare come “il primo uomo, Adamo, era vegetariano. Solo dopo ha iniziato a mangiare carne.” Ha aggiunto che oggi è molto più difficile rispetto al passato mantenere la kashrut, poiché negli allevamenti intensivi gli animali quali le mucche e le galline subiscono sofferenze inenarrabili.
La macellazione kasher in Europa
Da anni diversi stati europei cercano di mettere al bando la macellazione rituale, sia kasher che halal, con la scusa che essa non permetta di alleviare le sofferenze degli animali; ma è davvero questa la motivazione? Talia Naamat, avvocatessa e ricercatrice dell’Istituto Kantor, ha ricostruito la vicenda attraverso varie slide: dal 1974 al 2009, le regole europee sull’uccisione di animali per scopi alimentari prevedevano delle esenzioni per la macellazione rituale. Il primo paese a tentare di metterla al bando senza successo fu la Polonia, nel 2002 e nel 2013. Chi invece è riuscito a metterla al bando sono l’Olanda (2011), Estonia, Slovenia (entrambe nel 2013), Danimarca (2014), Belgio (2017) e la Grecia (ottobre 2021).
Ci sono varie dinamiche da tenere in considerazione: c’è chi pensa che sia dovuto al fatto che giudici laici interpretano male pratiche religiose, e chi pensa che le messe al bando siano motivate dall’ostilità verso i musulmani, che si manifesta in leggi ostili sia al cibo halal che alla kashrut.
Il vegetarianismo nella letteratura yiddish
Già nel secolo scorso importanti scrittori di lingua yiddish come Isaac Bashevis Singer predicavano uno stile di vita vegetariano. Bilha Rubinstein, traduttrice dallo yiddish all’ebraico, ha raccontato che in Singer riferimenti all’argomento si trovano già nel suo romanzo del 1933 Satana a Goray, dove prima ancora che l’autore diventasse vegetariano si inizia a percepire una certa sensibilità. A parte lui, anche Sholem Aleichem ha trattato il vegetarianismo nei suoi scritti.
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