Era stato arrestato nel giugno 2012 il giovane blogger liberale saudita Raif Badawi, fondatore del sito internet “Free Saudi Liberals” e, dopo un lungo silenzio sulla sua sorte, lunedì è arrivata la sentenza per aver osato criticare il Gran Muftì del Paese e la muttawa, la famigerata polizia religiosa che controlla il moralismo (pardon, la morale!) della gente, pattugliando le strade del regno wahabita: a Raif sono stati inflitti 7 anni di carcere e 600 frustate (sic!).
Chi può resistere a tanto? Praticamente una condanna a morte per aver “violato la legge sui reati informatici”: per aver espresso liberamente su Internet la propria opinione, insomma. Per aver offeso i “signori islam” di turno.
La notizia è arrivata ieri da Human Rights Watch, il cui vicedirettore per il Medio Oriente Nadim Houry, ha ricordato che Raif ha sempre sostenuto “le riforme e il dialogo interreligioso”, quel dialogo religioso che gli stessi che hanno condannato il giovane blogger, sarebbero certamente pronti a strumentalizzare per accusare noi di islamofobia e razzismo.
E’inutile, l’Arabia Saudita non si smentisce mai riguardo alla sua “moderazione” basata sui litri di petrolio che elargisce al Vecchio Occidente.
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