Perché dovrebbero accontentare anche quelli che sono definiti i “No-vax”? E soprattutto, come cambia l’etica della loro produzione, in relazione all’utilizzo di tessuti di feto abortiti?
C’è bisogno infatti di chiarezza su un tema assolutamente sensibile e delicato come quello della vaccinazione, che chiama in causa aspetti personali importanti e di varia natura.
Quelle che sono definite due nuove armi contro il Covid, sono i due nuovi vaccini in arrivo, forse, entro dicembre. L’Ema dovrebbe infatti dovrebbe dare l’ok al vaccino made in Usa Novavax, e nel frattempo è anche allo studio il vaccino austro-francese Valneva, che dovrebbe arrivare poco dopo.
Cosa cambia con i due nuovi vaccini che arriveranno
L’Agenzia europea dei medicinali Ema dovrebbe infatti dare il proprio nulla osta alla diffusione del vaccino made in Usa Novavax a breve, in particolare questa “è attesa a dicembre, tra il 16 e il 20”, come ha spiegato il direttore generale Aifa Nicola Magrini in audizione in commissione Sanità del Senato.à
La differenza che dovrebbe fare in modo che il Novavax possa risultare meno problematico dei precedenti agli occhi chi non si è ancora vaccinato, è la tecnologia su cui si basa. Al di là del nome che ironicamente sembra quasi un gioco di parole studiato apposta per i “No Vax”, quest’ultimo prodotto si basa su una tecnologia “antica”, già sperimentata da tempo, a differenza di quella a mRNA.
Si tratta della tecnica delle proteine ricombinanti, su cui si basano già molti dei vaccini in diffusione ormai da decenni, come quello contro la pertosse, ma anche contro l’epatite B, il meningococco B, l’herpes zoster e l’Hpv. Dal punto di vista scientifico, ciò che accade è che le molecole sono in grado di assemblarsi per formare particelle simil-virali, ed è su queste che l’organismo produce la risposta immunitaria, scatenando la formazione di anticorpi.
Gli effetti collaterali rispetto ai precedenti sarebbero minori
Nella sostanza, questi due vaccini presenterebbero una quantità di effetti collaterali molto minore dei precedenti finora utilizzati, e questo potrebbe fare in modo che molti scelgano la via della prima dosa della vaccinazione contro il Covid grazie a questi ultimi. Specialmente alla luce del fatto che è appena subentrato l’obbligo per molte categorie di lavoratori, tra cui insegnanti e forze dell’ordine.
Si parla di una efficacia è intorno al 90 per cento per Novavax, nello specifico il 100 per cento di protezione contro la malattia moderata e grave e il 90,4 per cento di efficacia totale. Un altro aspetto del Novovax che lo caratterizza per una diversità dagli altri è il fatto che, oltre ad avere un costo contenuto, si può conservare in frigorifero, il che risolverebbe molto probabilmente la questione delle vaccinazioni nei Paesi più poveri del mondo.
Ancora meno problematico sembrerebbe il Valneva, che utilizza la tecnica del cosiddetto virus inattivato, o ucciso, che sembrerebbe essere ancora meno invasiva di tutte le altre. In sostanza, diversamente dagli altri quattro vaccini già autorizzati Valneva contiene il virus Sars-CoV-2 “ucciso”, che come tale non può causare la malattia. Oltre a questo, contiene anche due adiuvanti, vale a dire sostanze che aiutano a rafforzare la risposta immunitaria al vaccino.
Anche questi ultimi sono prodotti con tessuti di feti abortiti?
C’è infine però anche la questione della produzione etica di questi ultimi due vaccini, cosa che purtroppo non riguarda gli altri, perché ad esempio sono stati prodotti con cellule di feti umani abortiti. Nei mesi scorsi, era girata in rete una lista in cui si classificavano i vaccini in base alla loro preparazione, e nello specifico si indicava quali utilizzavano cellule di aborto umano e quali no.
Nel caso del Novavax, si spiegava che si sarebbero usate cellule di un insetto, e nello specifico di una falena, e non di esseri umani. Tuttavia, pare che oggi non sia così. Aggiornamenti hanno infatti riscontrato che, anche se in fase di progetto, sviluppo e produzione non sono state utilizzare cellule di feti abortiti, dove è stata usata la linea HEK-293 proveniente dai reni di una bambina abortita.
Su questa sono infatti basati anche gli altri vaccini in circolazione contro il Covid, compreso quello russo, e la stessa tecnica è stata usata da ricercatori canadesi e case farmaceutiche cinesi.
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