di David Zebuloni
Nel 2015, si cominciò a parlare in Israele, e nello specifico a Gerusalemme, di una terza sofferta Intifada: quella dei coltelli. Per la durata di sei mesi, infatti, con una frequenza quasi quotidiana, la popolazione israeliana si è dovuta confrontare con una nuova forma di terrorismo, a tratti più violento dei precedenti. Quello frontale, corpo a corpo, realizzato con l’ausilio di un coltello qualunque. Spesso, uno di quelli semplici da cucina.
Nelle ultime settimane, pare che la stessa minaccia sia tornata a tormentare i cittadini locali. Il 21 di Novembre, un militante di Hamas travestito da ebreo ortodosso ha aperto il fuoco a Gerusalemme uccidendo un israeliano e ferendone almeno altri tre, prima di essere abbattuto dalla polizia. La vittima era giovanissima, si chiamava Eliyahu Kaye, ed era un ebreo sudafricano immigrato in Israele per arruolarsi nell’esercito.
A Gaza si è celebrata l’operazione “eroica” senza rivendicarla direttamente, mentre la famiglia Kaye ha dichiarato: “Ely è morto combattendo per il diritto di vivere in pace su questa terra. Ognuno ha nella propria vita una missione, e questa era la sua”.
Appena una settimana prima dell’accaduto, due poliziotti israeliani sono stati accoltellati da un assalitore palestinese. Appena un giorno prima, un altro ebreo è stato pugnalato in quello che inizialmente era stato considerato un tentativo di rapina, e che poi si è rivelato un attacco terroristico a tutti gli effetti.
Ma non finisce qui: questa settimana, sempre a Gerusalemme, una ragazza israeliana di 26 anni è stata accoltellata da una ragazza palestinese, anch’essa terrorista, di soli 15 anni. La giovane sopravvissuta all’attentato, Moriah Cohen, ha poi raccontato: “Stavo portando i bambini all’asilo, quando d’un tratto l’ho vista. Ho pensato tra me e me che stesse aspettando qualcuno, ma quando ho attraversato la strada, ho sentito un forte colpo alla schiena. Ho sentito poi un grande dolore e ho gridato, nella speranza che qualcuno arrivasse in mio soccorso. In quegli attimi, mio figlio ha visto il coltello piantato nella mia schiena. È stato terribile”.
Così, mentre in parlamento l’opposizione condanna ferocemente il neo governo per la preoccupante sequenza di tragedie, e mentre la coalizione tarda a reagire alla accuse degli oppositori e agli attacchi dei terroristi, gli israeliani temono il ritorno di un’ulteriore tragica Intifada nelle loro vite.
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