2 novembre: la festa dei morti… è dei vivi!

Lincolnian-BrianLa festa dei morti, pur variando nei dettagli rituali, nelle particolari credenze connesse, nella durata e nella posizione calendariale, è uno di quei fenomeni religiosi che nella loro larghissima diffusione in tutte le parti del mondo e in quasi tutti i livelli culturali mostrano caratteri sostanzialmente uguali. Trascurando per brevità le differenze, si può dire che i popoli primitivi dell’Asia, Africa, America e Oceania, come pure un gran numero delle civiltà superiori conoscono una festa dei morti i cui caratteri sono pressappoco i seguenti: in un determinato giorno o periodo dell’anno, i morti ritornano tra i vivi e vengono da questi ospitati con offerte di cibi, vestiti ed altro, assistono ai riti, e alla fine della festa vengono invitati a lasciar di nuovo il mondo dei mortali.

La loro visita è preceduta qualche volta da un formale invito o evocazione e da un’adeguata preparazione dei vivi (pulizia nelle case, digiuno, astinenza…); essa può svolgersi nelle case stesse, in luoghi pubblici delle comunità o presso le tombe; dà occasione a riti di tipo funebre (lamentazioni) o di tipo orgiastico (danze mascherate); si conclude con riti purificatori destinati a ristabilire l’ordine normale che presuppone una separazione tra vivi e morti.

I temi noti dalle religioni primitive e antiche sopravvivono nelle credenze e usanze popolari europee attuali, raggruppate attorno alla festa ecclesiastica della commemorazione dei defunti.

In tutte le regioni Italiane esistono usanze caratteristiche: in Friuli, per esempio, per la notte del 2 Novembre si lascia un lume acceso e pane ed acqua sul tavolo per i morti che passano quella notte in casa.
In Lombardia tavola imbandita, fuoco acceso e sedie vicine al focolare. Altrove la gente si alza prestissimo per lasciare i letti agli spiriti.
In Abruzzo si crede che i morti si trattengano tra i vivi dal 2 Novembre fino all’Epifania.

Tra i cibi particolari offerti ai morti in Italia prevalgono le fave (oggi per lo più dolci fatti in forma di fave); l’offerta ai morti in alcuni casi si trasforma anche in distribuzione gratuita del cibo ai poveri.

In Sicilia il giorno dei morti è un’occasione per fare regali ai bambini. A Roma tra il secolo 18° e 19° avevano luogo rappresentazioni sacre organizzate dall’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte.

Il primo a fissare la data del 2 Novembre per la commemorazione dei defunti fu Odilone di Cluny nel 928 e ad essa poco a poco si uniformarono i diversi usi locali: a Roma appare la prima volta nel 14°secolo. Fino a Pio X l’ufficio dei morti si aggiungeva a quello dell’ottava di Ognissanti; con la riforma di Pio X fu composto un ufficio speciale. Poi, Papa Benedetto XV estese (1915) a tutti i sacerdoti (ne godevano già Spagna, Portogallo e America Latina) la facoltà di celebrare in quel giorno tre messe. Nella Chiesa Greca la commemorazione dei defunti si fa nella domenica corrispondente alla nostra Sessagesima.

Ma torniamo ad oggi, alla nostra generazione; sono tante le persone che conosciamo nella nostra vita: con molte di esse allacciamo dei legami profondi d’affetto e di amicizia e quando queste, per ragioni diverse, vengono a mancare, producono in noi la consapevolezza di aver lasciato non solo una persona, ma l’insostituibile compagno di una vita, l’ineguagliabile gioia di un figlio, l’impareggiabile tenerezza di un genitore, l’incomparabile stima di un amico.

Spesso anche quelli che non abbiamo amato abbastanza o che non ci hanno amato vengono rivalutati perché non ci sono più. Si dice spesso che quando muore qualcuno dei nostri cari, c’è qualcosa che muore anche dentro di noi; forse è per questo che molti nei primi giorni di Novembre vanno al cimitero.

Sarebbe giusto, però, riflettere e farci alcune domande. Perché moriamo? Cosa c’è dopo la morte? Rivedremo i nostri cari? Cosa possono fare i nostri morti per noi? E noi per loro? A queste e ad altre domande la Bibbia dà risposte sicure.

Gesù afferma: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in Me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in Me, non morirà mai” (Giovanni 11:25).

Solo un atto di fede personale può trasformare queste parole di Gesù in una profonda certezza per colui che crede; e le parole di Gesù sono degne di fede in quanto Lui solo è risuscitato e ha manifestato la Sua vittoria sulla morte.

Quelli che sono morti non possono fare niente per te, tanto meno tu per loro. Nella Bibbia, infatti, non si trova nemmeno un versetto che preveda l’uso di preghiere o di messe per fare beneficiare il defunto di una “promozione” verso il paradiso o qualcosa del genere. Anzi Dio dice: “Un popolo non deve forse consultare il suo Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi?” (Isaia 8:19).

La prima morte è quella attraverso la quale gli uomini lasciano questa terra. La seconda morte è quella che colpirà chi non si sarà pentito dei propri peccati. Questa morte seconda, che accadrà nel giorno del giudizio finale, non è altro che l’inferno stesso, ossia “lo stagno di fuoco” (Apocalisse 20:14; 21:8). Ora nello stagno di fuoco, lungi dall’essere annientate, le anime sono tormentate giorno e notte nei secoli dei secoli (Apocalisse 14:10-11; 20:10).

Dio non desidera la morte del peccatore, ma la sua salvezza eterna. Gesù, nel vangelo, afferma: “Chi ascolta la Mia Parola e crede a Colui che Mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio ma è passato dalla morte alla vita” (Giovanni 5:24).

Rispondere a questo invito ed avvicinarsi a Cristo con un profondo e autentico atto di fede o rifiutare il Suo invito determinerà il mio e il tuo futuro eterno. Dio dice: “Io provo forse piacere se l’empio muore? Non ne provo piuttosto quando si converte dalle sue vie e vive? Tornate, convertitevi da tutte le vostre trasgressioni… Gettate via da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato; fatevi un cuore nuovo e un nuovo spirito: perché dovreste morire? Io infatti non provo nessun piacere per la morte di colui che muore… Convertitevi, dunque, e vivrete!” (Ezechiele 18:23-32).

Se sei una persona che realmente vuole avere delle certezze per quanto riguarda l’aldilà, comincia a leggere il vangelo, specie quello di Giovanni. In esso Dio ti parlerà in modo chiaro e anche tu potrai finalmente scoprire la via della pace.

Non esitare a pregare con parole semplici, tue. Comincia a chiedere perdono a Dio per tutti i tuoi peccati, credendo che Gesù ha pagato il prezzo perché tu possa avere la certezza del perdono. Egli ha dato la Sua vita; tutto il Suo sangue è stato sparso per pagare il debito del tuo peccato.

Quanto amore! Metti tutta la tua fiducia nel Signore Gesù Cristo e accettalo come tuo personale e unico Salvatore. “Chiunque invocherà il Suo nome sarà salvato”. Gesù è vivente, non è più nella tomba, perciò è in Lui e solo in Lui che dobbiamo confidare.

Il destino dei morti (secondo le Scritture)

Nel vangelo di Luca Gesù ci parla dell’aldilà nella parabola del ricco e del mendicante Lazzaro.
Luca 16:22-23 Or avvenne che il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abrahamo; morì anche il ricco e fu sepolto. E essendo tra i tormenti nell’inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno.
“…fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi”. Ma quello (il ricco) disse: “Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e così non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Abrahamo rispose: “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli”. Quello disse: “No padre Abrahamo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno”. Allora egli gli disse: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno resuscitasse dai morti”.

Si parla dunque molto chiaramente di inferno (nel greco della Luzzi detto Ades, lo Sceol ebraico) e di seno di Abrahamo inteso come paradiso, luogo di riposo e di felicità celeste.

L’Ades è raffigurato come una città; si parla spesso infatti delle porte dell’Ades (Matteo 16:18). Il varcare questa porta è un fatto definitivo: non v’è alcuna speranza di ritorno (Giobbe 7:9; 16:22).

Dio però regna anche sul soggiorno dei morti, come su tutto l’Universo. Come è soltanto Dio che può far scendere nel soggiorno dei morti (Ezechiele 31:16), così Egli può anche farne risalire (1Samuele 2:6).

Nessuno quindi evochi gli spiriti dei defunti consultando i medium perché la Sacra Scrittura dice che ciò è in abominio agli occhi dell’Eterno (2Cronache 33:6). Invochi piuttosto il Nome del Signore e sarà salvato! (Atti 2:21).

C’è altresì una resurrezione dei morti! La signoria di Dio sul soggiorno dei morti è stata manifestata nella resurrezione di Gesù Cristo dai morti; quando l’apostolo Giovanni lo vide, cadde ai suoi piedi come morto (Apocalisse 1:17)
Apocalisse 1:17-18 Ma Egli mi disse: Non temere! Io sono il primo e l’ultimo, e il vivente; Io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli amen: e ho le chiavi della morte e dell’Ades.

L’apostolo Paolo scrivendo alla Chiesa di Corinto così si espresse parlando del trionfo di Gesù Cristo: “La morte è stata inghiottita nella vittoria” O morte dov’è il tuo dardo? O inferno dov’è la tua vittoria? Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma ringraziato sia Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo. (1Corinti 15:54-57).

Fonte

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